Un gruppo di pressione: Fermiamo la strage dei bambini
La mobilità è il diritto a vivere e a spostarsi per tutte e per tutti, non solo per chi viaggia su una automobile. Questo articolo del 1972 è una chiamata all’azione, per tutte e per tutti
Questo testo è stato pubblicato il 2o settembre del 1972 sul giornale olandese De Tijd dal giornalista Vic Langenhoff, padre di una bambina di 6 anni che fu uccisa da un automobilista nell’ottobre del 1971 e che, dopo quel lutto, consacrò la sua vita all’attivismo e costituì un gruppo di pressione di cittadini per cambiare la mobilità nei Paesi Bassi e salvare le vite di altri bambini e altre bambine.
Lo abbiamo ripubblicato interamente, tradotto in italiano, perché online era presente soltanto la versione originale olandese e quella inglese. Ma questo documento è troppo importante per rimanere sepolto nell’oceano di contenuti di internet e merita di essere conosciuto anche qui da noi. Non importa che abbia più di 50 anni. È una cosa che merita di restare.
Il titolo originale era Pressiegroep Stop de kindermoord.
A Eindhoven e Helmond si sono mobilitate alcune persone che vogliono spezzare l’apatia con cui il popolo olandese accetta il quotidiano massacro di bambini nel traffico. Puoi leggere qualcosa simile anche da altre parti. Si tratta di esempi che senza dubbio valgono anche per altri luoghi.
Gli iniziatori meritano sostegno. Bisogna porre fine all’ignoranza, alla negligenza o al cinismo con cui in questo paese vengono stabilite le priorità. Non si tratta di un fenomeno marginale: riguarda la domanda se vogliamo essere un popolo civile. Tutte le frasi sull’umanità, sui diritti umani, sull’ambiente umano — il trattato di Roma, la dichiarazione di Stoccolma (per non parlare di duemila anni di cristianesimo) — sono vuote se non vogliamo trarne le conseguenze.
Le persone di Eindhoven hanno avuto poca difficoltà a convincermi della necessità di azioni continue, concrete e dure. A dire il vero, “dure” è un’aggiunta mia. Ne ho una ragione personale, perché so per amara esperienza di cosa si tratta. Una delle tremila vittime della strada del 1971 era la mia figlia più piccolo, sei anni, investita e uccisa mentre andava a scuola da qualcuno che affrontava a tutto gas una curva poco chiara. (150 fiorini di multa; guidare in modo criminale costa meno di quanto si pensi). Sarò l’ultimo ad assolvere la persona coinvolta — che peraltro non sembrò voler nemmeno porre rimedio dopo — dalla colpa. Ma esiste una corresponsabilità delle autorità che impostano le priorità viarie in modo tale che i bambini debbano andare a scuola ogni giorno su una strada tortuosa e acciottolata, dove un numero crescente di automobili, inclusi pesanti automezzi, passa tra file di querce vecchie di centocinquant’anni. Non ho bisogno di studiare rapporti di esperti per constatare che questa è una situazione inaccettabile e quindi criminale. In questo caso, i criminali appartengono all’amministrazione provinciale, responsabile della strada provinciale in questione. (Se vuoi, puoi intendere “criminale” in senso letterale: chi agisce nel modo sbagliato.)
Recentemente ho parlato con gli attivisti di Eindhoven. Non potevo sospettare allora che il giorno seguente un altro dei miei figli, dieci anni, tornando da scuola, sarebbe stato investito su una strada simile; insieme con quattro amiche, con un solo incidente si è riempita un’intera stanza d’ospedale. Causa: un automobilista è entrato in una curva poco chiara stimando 120 km/h. Questa volta, con alcune commozioni cerebrali e fratture, è finita abbastanza bene. Talmente bene che ora non sono frastornato, ma incoraggiato ad agire. Perché anche qui c’è un secondo colpevole: il consiglio comunale di Vught, che costringe i bambini a pedalare ogni giorno su strade convesse, tortuose e scivolose, percorse da un flusso sempre crescente di traffico motorizzato tra gli alberi.
Posso già prevedere che su queste strade, e su molte altre con traffico misto (una tipica specialità del Brabante), più di un bambino verrà ucciso o ferito. Non hanno scelta: la scuola è obbligatoria e l’unica strada per arrivarci è quella descritta. La nostra società, piena di pubblicità per morbide polveri per bambini e margarine salutari, spinge i suoi bambini fuori strada perché non esiste un gruppo di pressione che ne tuteli gli interessi. Perché in questo paese si preferisce un chilometro di autostrada a cento chilometri di piste ciclabili sicure. Chi osa dire ad alta voce che desidera fare quella scelta? Ma la pratica delle priorità mascherate porta ugualmente a un risultato criminale.
Non esiste un gruppo di pressione? Allora creiamolo. Genitori di vittime, genitori preoccupati di potenziali vittime: unitevi. Attivisti ambientali, unitevi. Dichiariamo chiaramente che la sicurezza dei bambini è una condizione primaria per un ambiente dignitoso. La morte istantanea causata dagli incidenti stradali è più vicina di tutte le possibili influenze dannose della biosfera che potrebbero portare a pericoli di vita in futuro. Chi vuole preoccuparsi del futuro dei suoi nipoti deve prima assicurarsi che i bambini restino vivi. Del resto, non c’è conflitto: non sto invocando autostrade a 22 corsie, ma piste ciclabili sicure.
Questo gruppo di pressione deve fare più che indignarsi. Deve denunciare con accuse concrete: qui un collegamento stradale pericoloso, lì un attraversamento impossibile, accompagnando tutto con le domande: chi è responsabile e cosa farà? Le persone di Eindhoven possono già assicurarti che dovrai pagare con sudore e lacrime per abbattere le barriere del pensiero e dell’azione consolidati.
Dobbiamo anche ribaltare il mondo giuridico. Non propongo di tagliare orecchie, né multe più alte o carcere. Ma una semplice misura di rimozione dalla circolazione. Chi entra ciecamente in curva ad alta velocità non è adatto alla posizione altamente responsabile di conducente. Un ritiro condizionale della patente con due anni di sospensione per qualcuno che ha ucciso un bambino in questo modo sfida il buon senso. Una tale misura può al massimo essere difesa per qualcuno sorpreso a guidare in modo pericoloso, senza vittime, e solo nella misura in cui gli si possa concedere il beneficio del dubbio riguardo alla possibilità di correggersi in tempo.
Il possesso della patente non è un diritto umano fondamentale. Molti sono inadatti per capacità di reazione o mentalità. È giunto il momento di riconoscere questo semplice fatto. Chi può e vuole organizzare sezioni locali del «Gruppo di pressione Stop all’assassinio dei bambini» può rivolgersi a:
VIC LANGENHOFF
DENNENWEG 5
HELVOIRT
Se pubblicare un atto di accusa senza tempo contro una politica che sacrifica la vita delle persone, soprattutto dei bambini, per i vantaggi economici di pochi, allora sì, anche questa volta ci stiamo schierando.
Ma non ci schieriamo soltanto con questo articolo. Non lo facciamo solo scrivendo o facendo giornalismo. Ci schieriamo anche come editori e non accettiamo soldi dalla pubblicità, che nel giornalismo, per la maggior parte dei casi, significa non accettare soldi da chi le automobili le costruisce.



