
Fine quarantena mai, (2020)
di Carmela Cioffi
La disabilità, per i giornali, non esiste. I disabili non esistono.
Esistono, invece, i “superdisabili” e le loro grandi imprese sportive, personaggi quasi epici, capaci di fare da esempio per tutti mostrando forza d’animo e preparazione.
Ma come è stata la realtà quotidiana, quella delle persone con disabilità non “eroiche” e lontane dai riflettori, chiuse in casa nel lockdown anti-Covid della primavera 2020?
La quarantena per migliaia di disabili in Italia è uno stile di vita, una condizione drammatica precedente alla pandemia e che continuerà anche dopo: una vita forzatamente nascosta. E a condividere con loro la stessa clausura, non per vocazione, ci sono i “caregiver”, i familiari delle persone con disabilità, come Marina, che svolgono un mestiere di cura altamente qualificato, ma senza alcun riconoscimento del proprio ruolo da parte dello Stato.
Ci sono poi gli operatori sociali, gli educatori delle case famiglia come Noemi, i formatori come Mario, quelli sì specializzati, che portano avanti il proprio lavoro verso le persone fragili a meno di un metro di distanza. Portatori di “servizi essenziali”, ma invisibili a buona parte dell’opinione pubblica.
L’inclusione dei disabili è “la misura della civiltà di uno Stato”, ha detto il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, ma nelle esperienze di Marina, Noemi e Mario, maturate sul campo e nelle comunità, il rischio di segregazione è presente, reale. O comunque sempre in agguato.
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