Incapaci di esser virali

Ha senso parlare di tutto perché tutti ne parlano?

Slow News. Il primo progetto italiano di slow journalism.
Una vecchia teoria del mondo dei media, sviluppata intorno al 1970 da Elisabeth Noelle-Neumann, si chiama teoria della spirale del silenzio.
È una teoria, a mio modo di vedere, un po’ troppo deterministica, che però ha più di un’evidenza sperimentale ed empirica.
Semplificando al massimo, dice così: se i media amplificano il pensiero dominante e se la tua cerchia di prossimità conferma questo pensiero dominante, tenderai ad autocensurarti e a non scrivere quel che pensi, se non è conforme a quello che “va per la maggiore”. In un certo senso, lo fai per evitare l’isolamento sociale.
La paura dell’isolamento sociale, in effetti, esiste e mentre chi si esprime tende a rimanere sulle proprie posizioni (cosa che determina, sempre semplificando, la polarizzazione), le persone che non si esprimono continuano, ovviamente, a non essere “misurabili” e a non contribuire all’analisi dei media se non con il loro silenzio.
Ecco, di recente mi sono accorto di fare molta fatica a partecipare a conversazioni social (ma anche a scrivere pezzi) se non ho
📌 solide basi, studi a supporto, conoscenze dirette o indirette ma strutturate
📌 tempo per gestire la conversazione
📌 una posizione coerente con i miei valori
Mi succede, in altre parole, che tutte le volte che avrei voglia di esprimere la mia posizione – oppure tutte le volte che dovrei –inizio a fare considerazioni ipertestuali. A cercare bibliografia. A cesellare la posizione stessa in modo che non sia apocalittica o integrata. Questo mi porta a un percorso multitasking in cui comincio ad annotare, segnarmi link, costruire un minimo di struttura per quel che vorrei dire.
Arrivo alla fine del percorso e cosa è successo? Che ci è voluto tempo. Mi sono costruito un’idea. Ma nel frattempo l’infosfera è già stata invasa da ogni sorta di opinione, video, reel, di persone che, più che legittimamente, hanno già cavalcato meglio di me il trend e che hanno già detto tutto e il contrario di tutto. E quindi sto zitto.
A volte sono posizioni informate e strutturate, proprio come avrei voluto costruirle io.
A volte sono semplicemente sfruttamento del trend.
E così, ecco la palpata di 10 secondi o meno, il caso di cronaca del figlio di La Russa, il “ti spiego come stanno le cose sul metoo della pubblicità”. Tutto dura un ciclo più o meno lungo (24? 48 ore? una settimana?), a volte ritorna ma sembra condannarci a un eterno presente in cui non si mettono in prospettiva storica le cose – vedi l’attuale dibattito sulle intelligenze artificiali, tutto centrato sul presente – e si passa costantemente da un argomento all’altro, travolti da un flusso insensato.
Temo che, a lungo andare, questo tipo di considerazioni mi abbia condannato all’incapacità di essere virale. In effetti, ho sempre pensato di voler produrre contenuti-anticorpo, e quindi sembrerebbe tutto coerente.
Mi rimane un enorme dubbio, che magari risolveremo insieme: è una strada sensata, questa? E come si fa a far diventare virali i contenuti anticorpo? Serve? Si può essere virali responsabilimente?
Parliamone.
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