La sicurezza delle persone

Quando parliamo di sicurezza, la prima cosa che ci viene in mente, probabilmente è una sequenza che parte dalle videocamere di sorveglianza, passa attraverso polizia, arresti, processi veloci, finisce col carcere.

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La Storia

Quando parliamo di sicurezza, la prima cosa che ci viene in mente, probabilmente è, più o meno, una sequenza che parte dalle videocamere di sorveglianza, passa attraverso polizia, arresti, processi veloci, finisce col carcere. Forse le persone che l’hanno studiato, quando si parla di sicurezza pensano al filosofo Michel Foucault: se sei tra quelle persone, sei parte di una nicchia.

 

Prima facciamo i conti con il fatto che la sicurezza è una delle tematiche sulle quali si può più facilmente fare discorsi semplificati che catalizzano consenso politico, meglio è.

Le persone hanno, fra i loro bisogni fondamentali, quello di sentirsi al sicuro. Negare questo non ci aiuta a fare un discorso sensato.

 

La storia parla di forze che oggi chiameremmo di polizia vecchie quanto le prime forme organizzate e burocratiche di umanità, per l’esercizio del potere e il mantenimento dell’ordine da parte di organizzazioni locali e centrali.

Ma non ha davvero senso parlare di polizia senza aggiungerci l’aggettivo moderna e senza parlare dello Stato di diritto e delle Costituzioni moderne.

 

Il motivo è molto semplice: fino alla nascita delle democrazie così come le conosciamo, il potere del sovrano – qualunque fosse la sua natura – era ritenuto al di sopra di qualsiasi limite e controllo. Le Costituzioni moderne delimitano e restringono il campo dell’applicazione della polizia a quelli che conosciamo.

 

Cioè (la definizione è dalla Treccani)

«Insieme di corpi militari e civili dello Stato, o di enti pubblici territoriali, con cui si mira alla rimozione di tutte le cause che possono ostacolare la tranquilla e ordinata convivenza civile o ledere gli interessi legittimi dei singoli».
Treccani, Diritto, voce Polizia

I punti di partenza

1. la violenza e il crimine sono fenomeni sociali complessi e multifattoriali. Significa che non c’è una semplice relazione causa-effetto, che non è possibile trovare una ragione specifica al fatto che una persona delinqua o scelga di commettere un crimine;

 

2. per questo motivo, la violenza e il crimine richiedono un approccio multidisciplinare e multidimensionale;

 

3. sicurezza e repressione non sono sinonimi. Pensa alle repressioni del movimento no global, o alle repressioni che hanno subito i movimenti di protesta durante e dopo la crisi del 2008 (Occupy Wall Street, per esempio). Per un pubblico italiano, quelli del 2008 possono sembrare fatti geograficamente distanti.

Ma abbiamo avuto il G8 di Genova a ricordarci molto bene quanto la sicurezza possa sfociare nella repressione, anche violenta. La ricostruzione del processo, delle sentenze, delle conseguenze per le persone condannate la trovi, puntuale e accurata, con dovizia di fonti citate su Wikipedia).

Uccisioni, violenze e temi collegati

Il tema dell’esercizio della violenza da parte della polizia complica ulteriormente le cose.

 

Negli Stati Uniti, nel 2019, la polizia ha ucciso 1593 persone. Nel 2020, a dicembre, 1039. Quella che trovi qui sotto è una mappa realizzata in maniera molto efficace per tenere conto di questi episodi. Il progetto che la realizza si chiama Mappingpoliceviolence.

 

In Norvegia 0. L’ultima uccisione di un civile da parte delle forze di polizia in Norvegia risale al 2016, e riguarda un fatto di cronaca che ha fatto notizia, localmente. Perché fino a quel momento, dal 2002, i casi analoghi erano solamente altri 2, uno nel 2005 e uno nel 2006.

 

Non possiamo comparare USA e Norvegia per numero di abitanti né per condizioni di vita. Ma possiamo sicuramente lavorare per capire quali soluzioni sono state adottate in Norvegia.

 

E naturalmente non c’è solamente la questione delle uccisioni ma, più in generale l’uso della forza. Nell’ultimo rapporto sulla gestione della pandemia di COVID-19, Amnesty International ha rilevato uso della forza anche da parte della polizia italiana, per esempio.

 

Strettamente collegato alla polizia c’è il sistema detentivo e, più in generale, tutto ciò che concerne la sicurezza pubblica.

Che cosa vogliamo dal diritto penale?

«È nel campo criminale che i diritti dei paesi occidentali sono oggi più insoddisfacenti. La legge sembra considerare la pena a volte come una minaccia per intimorire altri possibili criminali, a volte come un atto rituale di espiazione per il colpevole, a volte come un espediente per segregarlo dalla società e proteggere quest’ultima dal pericolo di un comportamento illecito continuato, e a volte come uno strumento per la rieducazione morale e sociale del reo. Si tratta cioè di quattro diversi fini che devono essere perseguiti con quattro diversi metodi, e a meno che questi metodi non siano tenuti rigorosamente distinti, il nostro intero atteggiamento verso la criminalità sarà viziato da profonde contraddizioni».
Norbert Wiener, Introduzione alla cibernetica – L’uso umano degli esseri umani, Bollati Boringhieri (prima edizione originale: 1950), Cap VII, Legge e comunicazione, pag. 133

Una questione politica e giornalistica

Come tutti i grandi temi del Mondo Nuovo, come tutto quel che facciamo nel nostro rapporto con la società (persino nelle nostre scelte individuali), è un tema politico.
Per come agisce il giornalismo del mondo vecchio, diventa un tema giornalistico solamente quando ci sono casi conclamati. Per poi lasciar spazio alla prossima news. Non si può dire, per esempio, che queste tematiche non vengano trattate per niente dal giornalismo tradizionale.

 

Un esempio? L’1 giugno 2020, visto che ci si avvicinava a un momento specifico che rendeva la questione in qualche modo “notiziabile” (il 2 giugno, in Italia, è la Festa della Repubblica), il quotidiano la Repubblica dava conto di un’iniziativa importante: una proposta di legge per una difesa civile nonviolenta e non armata.

Il pezzo lo trovi qui, ancora leggibile.

 

Solo che se a un contenuto non segue la sua ripetizione, una proposta del contenuto reiterata, attraverso tutti i canali possibili, per giorni e giorni, quel contenuto è come se non esistesse, diluito com’è nella velocità dell’informazione che passa alla prossima polemica in poche ore.

A volte in pochi minuti.

Non solo: anche se cerchi bene, non troverai molte altre tracce dell’iniziativa fra i giornali non di nicchia.

 

Mentre scrivo, ecco che è saltata fuori la nonviolenza, che è uno dei metodi, degli strumenti che ci portano verso un mondo nuovo. Su Slow News, fra l’altro, abbiamo dedicato un’intera serie al tema.

 

Si intitola Uno come noi. Militare la nonviolenza.

Le domande che dobbiamo porci e che dovremo tenere d’occhio per il futuro

Cosa vogliamo che sia la sicurezza? Un sistema che reprime e punisce? Vogliamo che si occupi di chi delinque?

Vogliamo che prevenga?

Vogliamo che reintegri?


Come pensiamo che si dovrebbe prevenire il crimine?


Come pensiamo che si dovrebbe agire con chi delinque?


Come pensiamo che dovrebbe agire la polizia?


Chi dovrebbe essere coinvolto nel giudizio dell’azione delle forze di polizia? Che tipo di addestramento dovrebbe avere chi entra a far parte di un corpo di polizia?


Che cosa serve davvero? I numeri identificativi dei poliziotti, le telecamere incorporate nell’equipaggiamento funzionano?


Ci sono buone pratiche che funzionano meglio di queste?


Ci sono stati senza polizia?


Ci sono prove reali di smantellamenti dei dipartimenti di polizia?


Quali sono gli stati in cui la polizia è disarmata?


Ci sono investimenti fatti per prevenire la delinquenza che non riguardino direttamente la repressione?


Ci sono soluzioni diverse a quelle delle carceri così come le conosciamo?


Ci sono esempi concreti di soluzioni che hanno funzionato?

 

Se hai risposte a questi interrogativi, letture da consigliarci, storie da raccontarci, puoi aiutarci a costruire questo pilastro del mondo nuovo.

Aiutaci

Come?

Così: scrivici.

Come ci prepariamo alla scrittura di questo pezzo

Per scrivere questo pezzo stiamo studiando.

In particolare, sto seguendo un corso che si chiama Leaders in Citizen Security and Justice Management.

Ho aperto un foglio collaborativo su Keen, sulle proposte di abolizione della polizia.

Sarebbe più corretto dire “abolizione e/o riforma”, ma si tratta di idee talmente radicali che sono di fatto un’abolizione del concetto stesso di polizia così come lo conosciamo.

Che approccio mentale serve?

Bisogna dimenticarsi quel che è sempre stato fatto e pensare a cosa si potrebbe fare.

Bisogna rinunciare all’idea che esista una sola soluzione alla limitazione del crimine.

Le foto

La foto di copertina è di Gayatri Malhotra tratta da Unsplash

Bibliografia

Norbert Wiener, Introduzione alla cibernetica – L’uso umano degli esseri umani

 

Alex S. Vitale, The End of Policing

 

Citizen Security as Public Policy, Inter-American Development Bank (IDB) – Course: Leaders for Citizen Security and Justice Management

 

Letture consigliate da lettrici e lettori di Slow News:

 

Formare le forze dell’ordine alla nonviolenza

 

Proposta di legge per una difesa civile nonviolenta

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