
L’umiliazione e la bullizzazione sistematica del nemico sono armi politiche pericolose che appaiono sistematicamente nella storia dei conflitti, come ora a Gaza
Siamo di fronte all’ennesima tragedia delle migrazioni, questa volta nei mari della Grecia. Probabilmente, scrive Today, il più grande naufragio nella storia del Mediterraneo Orientale.
Il tutto accade meno di un mese dopo la diffusione di questo video del New York Times che mostra addirittura alcune persone migranti radunate a terra e abbandonate in mare dalla Guardia costiera greca.
La Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, durante l’incontro con il suo omologo maltese, ha dichiarato che «in tema immigrazione conveniamo che senza un’adeguata difesa dei confini esterni dell’Ue diventa molto più difficile parlare di movimenti secondari».
Le idee di chiusura, di recintare, di privare l’altro di quel che ho io colonizzano il pensiero. Eppure non dobbiamo rassegnarci all’idea che sia l’unico modo di essere umani, quello di chiudersi dietro a un confine.
I confini non esistono.
L’umiliazione e la bullizzazione sistematica del nemico sono armi politiche pericolose che appaiono sistematicamente nella storia dei conflitti, come ora a Gaza
Oggi sono morte delle persone, ma la tragedia degli sfratti è quotidiana e invisibile, è fatta di debiti, sgomberi e vite segnate che non fanno notizia
I confini — il Novecento, le generazioni, le nazioni — servono per muoverci nel mondo, ma non sono il mondo. Non sono da difendere, sono da superare
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