
Alle radici di una parola che sembra antica, ma che è nata nel Novecento per definire un crimine “moderno”.
Lo sciopero della fame del detenuto anarchico Alfredo Cospito, condannato all’ergastolo con “fine pena mai” per un atto dimostrativo senza vittime e detenuto in regime di 41-bis, il cosiddetto “carcere duro per i mafiosi”, è quasi ad un punto di non-ritorno. Tuttavia, non tutti sono liberi di parlarne.
Della vicenda Cospito abbiamo parlato nella puntata di Slowly La pista anarchica, grazie anche all’avvocato Davide Steccanella che ci ha aiutato a comprendere meglio i contorni del 41-bis e della protesta di Cospito, che dal 20 ottobre digiuna contro questo regime detentivo “disumano e illegale”. Le sue condizioni di salute, ha perso 40 chili, sono estremamente precarie, talmente tanto che il suo medico Angelica Milia gli ha sconsigliato di camminare durante il passeggio. Talmente tanto che, da giorni, si parla addirittura di “alimentazione forzata”, come ha fatto sapere lo stesso Cospito tramite il suo legale.
L’ipotesi è quella di alimentare forzatamente una persona che protesta contro la condizione disumana in cui vive sotto la custodia dello Stato, già condannato nel 2018 dalla Corte Europea dei Diritti Umani proprio per i trattamenti inumani e degradanti del regime di 41-bis. A questo si aggiunge la diffida del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (DAP) nei confronti proprio della dottoressa Angelica Milia, alla quale è stato ingiunto di non rilasciare più dichiarazioni a Radio Onda d’Urto. E se continuasse a farlo? Il DAP potrebbe revocare al medico l’autorizzazione a entrare nel carcere, privando quindi il detenuto anche del diritto all’assistenza medica.
Alle radici di una parola che sembra antica, ma che è nata nel Novecento per definire un crimine “moderno”.
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