
I confini — il Novecento, le generazioni, le nazioni — servono per muoverci nel mondo, ma non sono il mondo. Non sono da difendere, sono da superare
La mattina del 14 ottobre 2025, a Castel D’Azzano, un piccolo comune alle porte di Verona, una famiglia di agricoltori (due fratelli e una sorella di circa 60anni) hanno fatto esplodere la cascina in cui vivevano causando la morte di 3 carabinieri dei reparti speciali e il ferimento di altri 15 agenti.
Il motivo del gesto: l’esecuzione di uno sgombero programmato da diversi giorni, dopo diversi tentativi. Il motivo dello sgombero: i debiti con la banca. Il motivo dei debiti con la banca: un mutuo sottoscritto dieci anni fa con una ipoteca e l’impossibilità di pagarlo. I tre, che sono sopravvissuti all’esplosione del casolare, affronteranno un processo, probabilmente per strage.
È una storia orribile, che ha spazzato via la vita di tre persone, distrutto le loro famiglie e segnato per sempre un’intera comunità. Ma, se si racconta soltanto il finale orrorifico, questa sembra una storia isolata di follia. Sembra un tragico incidente, l’esito di una marginalizzazione che ha portato alla follia e che ha avuto come risultato morte e distruzione. Se si racconta solo quello che è successo oggi, insomma, ci si perde il contesto di un problema che riguarda centinaia di migliaia di persone e che sta peggiorando.
Basta andare alla settimana scorsa e spostarsi a Sesto San Giovanni, dove un uomo di 71 si è lanciato dal balcone uccidendosi a causa di uno sgombero. E se per fortuna gli esiti drammatici non sono così numerosi e la maggior parte delle volte non esplodono palazzine e non muoiono delle persone, la dinamica che sottende tutto questo succede ogni singolo giorno. Ed è per questo che non fa notizia. O meglio, fa notizia solo quando ci scappa il morto.
Come cosa che resta di oggi abbiamo scelto un fumetto che è stato pubblicato sul numero 3 della Revue, il trimestrale di informazione a fumetti, nell’inverno del 2022. È un’inchiesta scritta da Ylenia Sina e disegnata da Claudia Flandoli. Si intitola Sulle soglie della normalità e non parla di morti né di esplosioni. Parla di storie più semplici, apparentemente meno drammatiche, ma che rappresentano una ferita aperta ogni singolo giorno.
I confini — il Novecento, le generazioni, le nazioni — servono per muoverci nel mondo, ma non sono il mondo. Non sono da difendere, sono da superare
«La sopravvivenza dell’umanità dipende dalla capacità dell’uomo di risolvere i problemi dell’ingiustizia razziale, della povertà e della guerra»
Storia di una domanda che sembra di stretta attualità oggi, ma che in realtà ci si pone da anni e che da anni ha la stessa risposta.
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