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La cosa che resta di oggi parla di cinema e di politica ed è un manifesto di 23 pagine, pubblicato nel 1969 sulla rivista Tricontinental dai registi argentini Fernando Solanas e Octavio Getino, membri del Grupo Cine Liberación.
Il manifesto di Solanas e Getino parte dall’analisi e dalla critica di due modi di fare cinema: il primo è quello di Hollywood, costruito per intrattenere il pubblico e prodotto da gigantesche società; il secondo invece è quello “d’autore”, tendenzialmente europeo (francese in particolare) contraddistinto da una carica sperimentale ed espressiva potente e autentica, ma troppo spesso chiuso in sé stesso, ombelicale, ben poco radicale e politico.
A questi due esempi di cinema, i registi argentini ne contrappongono un terzo, che deve superare un cinema come visione personale del regista, che deve rivolgersi a un pubblico di donne e uomini che vanno oltre l’essere spettatori e diventano attori, attivisti del cambiamento, ma anche che deve uscire dalle sale, farsi cinema clandestino, aggirare le censure e ribaltare tutto.
Se oggi scegliamo questo manifesto è perché di fronte a una politica che vuole tagliare i fondi al cinema e metterci le mani sopra, l’idea radicale di Solanas e Getino ci ricorda che il cinema può svincolarsi dalla politica e dal mercato.


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