Gli esempi che dovrebbero stimolare un’accelerazione nelle politiche per il risparmio idrico e per la protezione dai possibili inquinanti non mancano, a tutte le latitudini. In California anni di siccità hanno imposto forti restrizioni agli utilizzi domestici, mentre a Flint, nel Michigan, 100mila persone sono state esposte ad alte dosi di piombo per avere utilizzato a scopi alimentari le acque contaminate della rete.
Nel secondo episodio della serie Venezuela19, Barbara Schiavulli ci ha raccontato la drammatica situazione che vissuta dai caraqueñi l’estate : l’acqua viene erogata due volte al giorno per circa mezz’ora. In alcune parti della città l’acqua manca anche per una settimana. Negli ospedali non è raro raccogliere l’acqua piovana in secchi lasciati su balconi e terrazzi.
A Città del Capo, nel 2018, la crisi idrica ha raggiunto livelli di guardia. Una siccità durata tre anni ha costretto l’amministrazione della principale città sudafricana a misure drastiche: 50 litri al giorno è la quota pro capite concessa e, nel caso venga superata questa quota, scatta il blocco dell’erogazione.
Gli abitanti di Cape Town hanno imparato a utilizzare la stessa acqua per più funzioni, a raccogliere l’acqua piovana e a produrla con macchine che raccolgono l’umidità dell’aria. Chi prova a captare acqua da sorgenti o torrenti o chi si allaccia alla rete in maniera fraudolenta rischia grosso. Negli ultimi anni è nato un corpo specifico, la Police Water, che ha il compito di monitorare il territorio affinché i cittadini utilizzino solamente la quota d’acqua loro spettante.
A Città del Capo i dati riguardanti il risparmio idrico aprono i notiziari radiofonici e sono diventati il fulcro delle conversazioni. In Italia la notizia della contaminazione dell’acqua utilizzata da 50 comuni e 350mila persone delle province di Vicenza, Verona e Padova non riesce ad arrivare ai media mainstream.
Per anni nella seconda più grande falda acquifera d’Europa sono state sversate sostanze perfluoroalchiliche (Pfas). Le conseguenze per la salute sono molteplici dai tumori a reni e testicoli all’ipercolesterolemia, dalle coliti ulcerose ad alterazioni nella fertilità delle donne. Ne ha scritto Luca Rinaldi nella serie di Slow News La terra di sotto, ma le questioni di salute pubblica, purtroppo, non fanno più notizia da tempo.
Il pericolo e l’emergenza per essere percepiti come tali devono essere visibili, magari inesistenti ma visibili. E mentre la retorica politica – puntualmente smentita dai dati – favoleggia sulle “invasioni” dei migranti e sull’aumento dei reati, le vere emergenze non vengono affrontate perché non sono spendibili nell’immaginario pubblico. La propaganda che deve costruire consenso nell’era della campagna elettorale permanente non ha né il tempo, né le doti per tradurre la complessità del nostro mondo.
Una fibra d’amianto o il contaminante dentro il nostro bicchiere che provocano malattie di lungo decorso, talvolta fatali, stanno perdendo appeal anche presso chi vive di informazione. Il circo mediatico necessita di immagini che arrivino immediatamente al pubblico che, immerso nella realtà visibile 24/7, ha perso totalmente la capacità di rapportarsi all’invisibile.
Meglio ancora, poi, se queste immagini non danneggiano i potentati economici e catalizzano l’attenzione sui più deboli e inermi. Alla fine di questo percorso fatto di omissioni dall’alto e noncuranza dal basso, c’è un’immagine con cui dovremo, presto o tardi fare i conti, quella di un rubinetto a secco che avrà smesso di obbedire alla nostra banale richiesta d’acqua.