La difesa dell’informazione non si fa senza soldi
C’è uno specifico frammento del lavoro giornalistico che è particolarmente costoso: la responsabilità di ciò di cui si scrive.
Tutto è cominciato il 21 gennaio del 2015, quando abbiamo inviato il primo numero di quello che allora si chiamava Slow News e che ora si chiama Flow. Slow News nasceva ispirata a The Best Of Journalism, newsletter a pagamento molto minimal, realizzata da Conor Friedersdorf, ed era una newsletter di pura curatela editoriale.
La filosofia? Semplice. Uscire dal flusso. Scoprire letture, visioni, ascolti lenti. Solo che – pensavamo – noi non possiamo farla troppo minimal (Conor propone 3 link a numero. E basta). Primo: non siamo giornalisti famosi dell’Atlantic. Secondo: ci dicono tutti che in Italia è diverso e nessuno paga. Così cerchiamo di fare un po’ di più (ma senza esagerare).
Invece di mettere solo dei link creiamo dei paragrafi (un po’ come fa Dave Pell con il suo Next Draft). Con un titolo, un testo nostro e una serie di link. Nel primo numero ne mettiamo 3. Poi pensiamo che non basti. Dopo una serie di esperimenti e alcuni speciali ci assestiamo su 6. Li chiamiamo blocchetti e dentro ci trovi di tutto, con una sola regola: sono tutti contenuti selezionati, scelti, curati, messi insieme da noi, apposta per te e non ti fanno perdere temp.
Com’era il primo numero di Slow News? Così.
La riforma elettorale
Uno storytelling da un punto di vista che il mainstream non racconta. Da “sinistra”, diciamo così.
Vuoi leggerlo, anche se non lo sai
Cara benzina
C’è uno specifico frammento del lavoro giornalistico che è particolarmente costoso: la responsabilità di ciò di cui si scrive.
Quelli di chi non ha voce, di chi ha meno, della cittadinanza tutta, delle persone.