Ep. 01

I cittadini

A Lampedusa ci sono 6mila persone e tra loro serpeggia rabbia: si sentono abbandonati

Slow News. Il primo progetto italiano di slow journalism.
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Greetings from Lampedusa

I cittadini, i migranti, i pescatori: i personaggi e i luoghi di un’isola divenuta suo malgrado un simbolo

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Lampedusa l’hai vista in televisione. Hai visto Carola Rackete arrestata sul Molo Favaloro e le dirette ai tempi dei braccio di ferro tra Salvini e le navi delle ONG. C’è stato il Papa, ci sono stati i capi di stato europei a omaggiare le vittime del naufragio del 3 ottobre 2013. C’è stato persino Richard Gere.

«Mi fanno ridere i turisti che vengono e dicono che gli amici li hanno sconsigliati di venire qui per i migranti. Questi sono solo di passaggio, non c’è nessun tipo di integrazione. Anzi ci sono solo due ragazzi di origine africana adottati da due famiglie del posto che sono rimasti, e anche loro sono abbastanza isolati». A parlare è Antonino, Nino, Taranto, animatore dell’Archivio storico di Lampedusa unica istituzione (privata) che prova a mantenere la memoria dell’isola. È famoso perché di fronte all’Archivio ci si trovano sempre i ragazzi dell’hotspot, i migranti per l’appunto. La prima cosa che fa quando ci accoglie è farci vedere un album di fotografie con tutti i ragazzi subsahariani che sono passati di lì che venivano ad imparare l’italiano, ad usare il computer.

«Questo succedeva fino all’inizio del 2018, poi hanno smesso di arrivare i subsahariani. Si è fatto finta che l’immigrazione non c’era più, invece semplicemente il flusso è stato sostituito dai tunisini, ma con loro è difficile instaurarci una relazione». Nino tiene però a precisare di non lasciarsi ingannare: «Aiutare era una mia iniziativa personale, in generale c’è intolleranza. Chi passava non mancava di dirmi che se li aiutavo ne arrivavano ancora. Da una parte li capisco, erano preoccupati per il turismo che invece, anche grazie alla visibilità, altro non è che aumentato. Se senti chiunque, a Lampedusa, ad un certo punto viene fuori che ha 5 appartamentini, 10 motorini da noleggiare, 8 macchine sempre per i turisti. Insomma, il soldo gira».

È un fiume in piena Nino Taranto, tormentato tra l’amore per la sua terra e l’esasperazione di una popolazione che si fa usare dalla politica nazionale. «Il primo problema ci fu con la primavera araba quando arrivarono a migliaia a Lampedusa. Eppure quando arrivò Berlusconi venne acclamato come un salvatore sebbene fossero lui e il Ministro dell’Interno Maroni che avevano ben pensato di risolvere il problema degli arrivi eccezionali del 2011 tenendo tutti sull’isola».

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L’Isola dei Conigli, Lampedusa. Ottobre 2019.

Lo spartiacque fu la tragedia del 3 ottobre 2013, con la morte di oltre 300 persone praticamente a ridosso dell’isola. «Erano sull’isola dei conigli, capisci?» dice ancora commosso Giacomo Matina, autista dell’Ambulanza dell’Ambulatorio ospedaliero di Lampedusa. L’isola dei conigli è la spiaggia dove nidifica la specie protetta delle tartarughe Caretta Caretta e, paradossalmente, anche una delle spiagge più turistiche con migliaia di bagnanti al giorno. Turismo, immigrazione e specificità ambientali che si incrociano tragicamente e paradossalmente.

«Mi ricordo che c’era il proprietario della gelateria in via Roma che era fuori in notturna con dei turisti. Li ha sentiti e ne ha salvati più di cinquanta – continua Giacomo – noi siamo stati chiamati dal dottor Bartòlo [protagonista del film vincitore dell’Orso d’oro Fuocoammare e oggi parlamentare europeo, NDR] che ci ha detto di andare tutti al porto, di lasciare solo un medico di presidio all’ospedale. Quando siamo arrivati al molo Favaloro però tutto quello che abbiamo fatto erano le constatazioni di decesso». Chi vive sulla sua pelle i salvataggi non ci sta all’immagine dei lampedusani intolleranti. «Noi abbiamo sempre aiutato queste persone e lo faremo sempre. Non mi piace quando sui giornali ci dipingono come quelli che non vogliono i migranti».

Naturalmente i problemi ci sono: «Mi hanno rubato una barca da 15 mila euro – racconta Carmela che ha un noleggio barche d’estate e un’impresa edile d’inverno – erano tunisini. Lo so perché ho le telecamere ma la polizia mi ha detto che non può fare nulla». È arrabbiatissima, pronta a difendersi da sola, dice. «Nel 2011 li aiutavo tutti, non si sa quanti vestiti ho donato. Adesso basta anche se viene una donna o un bambino non mi faccio più impietosire».

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La Porta d’Europa, Lampedusa. Ottobre 2019.

«Ci vorrebbe un trattato per parlare di Lampedusa» dice Giacomo Sferlazzo, animatore del collettivo Askavausa e fondatore del Comitato per la Salute Pubblica. «È piena di contraddizioni ed è stata usata politicamente da tutti, in un senso o in un altro. Anche questa idea che è la porta d’Europa o che i cittadini sono campioni di accoglienza: sono bufale. Siamo sempre stati una minoranza, per il resto c’è sempre stata un’intolleranza diffusa. È inutile che i media nazionali si sorprendano dell’exploit della Lega alle Europee, noi la vicesindaca leghista l’abbiamo avuta già nel 2007». Era Angela Maraventano, pasionaria della Lega Nord che ha guidato gli attacchi verbali a Carola Rackete appena sbarcata.

Vero è che Lampedusa è un’isola antica e di molte origini, ci sono passati i Cartaginesi, i Fenici, i Greci e gli Arabi. Le costruzioni tipiche, i dummusi, sono fatte con muretti a secco e tetto a cupola, ricordano gli hammam turchi ma, raccontano, sono state portate da dei coloni di Pantelleria. Geograficamente appartiene all’Africa ma politicamente è il punto più a sud dell’Europa. Proprio quest’ultima condizione pare essere una responsabilità eccessiva per queste seimila anime, afflitte piuttosto dal problema della carenza di acqua potabile o da quello delle fogne che scaricano in mare senza depurazione.

«A Lampedusa constatiamo una delle più alte incidenze di tumori in persone giovani e bambini – continua Sferlazzo – abbiamo 10 radar sull’isola» che causerebbero un inquinamento elettromagnetico non ancora studiato. «Abbiamo un grossissimo problema con la discarica che è andata a fuoco giugno scorso, microdiscariche di amianto. Eppure si parla solo di Lampedusa accogliente o intollerante».

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Guardia Costiera con migranti a bordo e barchino a rimorchio a dritta. Lampedusa, ottobre 2019.

Il 7 ottobre 2019 una nuova tragedia, a pochi giorni dall’anniversario del naufragio del 3 ottobre 2013, ha riportato Lampedusa al centro delle tensioni nazionali. La notte tra il 6 e il 7 ottobre una barca con a bordo circa 50 persone si ribalta a sole sei miglia dalla costa a causa del maltempo. Sono in maggioranza donne della Costa d’Avorio e una decina di tunisini partiti, secondo le testimonianze, dalla Libia per poi prendere altre persone a Sfax, Tunisia, uno dei porti di partenza dei migranti. Il mare mosso mette in difficoltà anche la Guardia Costiera e la Guardia di Finanza intervenute per i soccorsi, vengono recuperati 21 superstiti e 13 corpi, tutte donne tra cui una ragazzina di sedici anni e una donna incinta.

E così sull’isola arrivano i giornalisti, il vescovo e il procuratore di Agrigento. Nessun politico. Al funerale ci sono solo cittadini e attivisti, i superstiti vengono portati in un pulmino di fronte alla Casa della Carità dove si svolge la funzione e riportati via subito dopo per evitare l’assalto dei cronisti, tenuti a distanza. Anche il sindaco Totò Martello non partecipa perché in contrasto con il parroco, Don Carmelo La Magra: «Non possiamo imporre una messa cattolica a vittime di cui non sappiamo la religione» dice. È quindi di fatto don Carmelo, il “prete dei migranti” – anche lui apre il wi-fi di fronte alla chiesa per gli ospiti dell’hotspot – che cura non solo la pratica religiosa, ma anche quella effettiva della gestione delle salme. Aspettando che finisca il maltempo e arrivi il traghetto che porterà le bare in terra ferma, nei vari comuni della provincia di Agrigento che si sono resi disponibili per ospitare le vittime nei propri cimiteri.

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Municipio di Lampedusa, via Roma, Lampedusa. Ottobre 2019.

Il Sindaco Totò Martello è da mesi che spiega che non è vero che è finita l’immigrazione a Lampedusa. «Nell’ultimo anno si sono fatte battaglie mediatiche per 50 persone su una nave di una organizzazione non governativa – racconta a Slow News – e arrivavano a centinaia con i barchini dalla Tunisia. E poi succedono tragedie come queste quando tante volte avevamo già detto ‘mai più’”». Di chi è la colpa? «Di chi non vuole parlare dell’immigrazione in maniera seria come fenomeno importantissimo per il nostro futuro. Si fanno solo sceneggiate per fini elettorali senza avere il coraggio di affrontare la questione». Anche se il sindaco ammette che con il nuovo governo c’è un miglior dialogo rispetto all’epoca Salvini. «Avevano cancellato Lampedusa dalla politica, non riuscivamo a parlare con nessuno a livello centrale, era come se stessero nascondendo la polvere sotto il tappeto». E i lampedusani? «Quando accadono queste tragedie il primo sentimento è la rabbia perché queste cose accadono per incompetenza politica, ma i lampedusani si arrabbiano anche perché lo Stato non si occupa dell’isola, non ci dà alcun supporto. Non è possibile che in una nazione come l’Italia l’intera responsabilità del fenomeno migratorio sia sulle spalle di una isola di 6000 abitanti».

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