Come in molti altri settori, insomma, il PNRR rappresenta al tempo stesso una grande occasione ma anche un potenziale problema se l’enorme mole di investimenti a disposizione non verrà correttamente indirizzata.
I divari, le diseguaglianze e, soprattutto, la povertà sono stati elementi che per molti anni hanno fatto parte della normalità di Federica, quando era una bambina. Eppure la storia della giovane di Fasano da cui abbiamo cominciato, oggi è diversa.
Anche grazie all’Asp – Terra di Brindisi.
Nato oltre 120 anni fa come istituto scolastico privato, oggi è un ente pubblico che si occupa di accogliere minori che provengono da famiglie in difficoltà economica. I ragazzi che vivono i suoi luoghi provengono quasi sempre da nuclei non abbienti o culturalmente poveri. A disporre il loro trasferimento in comunità sono i tribunali in accordo con le famiglie oppure i servizi sociali, anche nel tentativo di rimediare alla loro condizione di povertà educativa. «Qui – spiega Massimo Vinale, presidente dell’Asp Terra di Brindisi – i bambini mangiano, dormono, studiano o praticano attività che consentano loro di diventare adulti nel modo migliore possibile: frequentano le scuole, vanno in palestra o fanno attività pomeridiane. Tutto quello che può servire loro ad avere un futuro dignitoso».
Il mantenimento economico dei ragazzi italiani che vengono inviati all’Asp-Terra di Brindisi è possibile grazie all’utilizzo dei cosiddetti «Buoni servizio», finanziati con fondi comunitari, i Fesr (Fondi Europei di Sviluppo Regionale). Finalmente, sappiamo a cosa servono le sigle burocratiche.
I «buoni di servizio» sono degli assegni nominali che servono a coprire gran parte della retta dei minori, per consentirgli di avere una vita dignitosa, dai pasti ai vestiti fino ai loro corsi di formazione extrascolastica.
Come spiega Vinale, «ciascuno dei ragazzi ha un piano educativo individuale, pensato e preparato in base alle singole esigenze. Può trattarsi di un soggetto già scolarizzato, il cui ambiente familiare è però completamente saltato, quindi la sua permanenza qui è solo una parentesi prima di procedere con l’affido, oppure bambini e ragazzi costretti a rimanerci per anni e la cui formazione è strettamente legata al nostro lavoro».«In quel caso – continua – l’istituto ha il compito di rispondere alle loro esigenze di base, quelle che riguardano la lingua o la scolarizzazione. Molto spesso, infatti, accade che questi ragazzi facciano fatica a rispettare le regole, perché a casa non gli sono mai state insegnate e non sanno da dove iniziare. Però, come ho potuto spesso vedere in questi anni, se vengono accompagnati e seguiti, si ottengono dei risultati davvero gratificanti, che ripagano tutti gli sforzi».
Oggi Federica ha 21 anni. Non abbiamo potuto incontrarla, perché l’Asp non può mantenere i contatti con le persone che aiuta. Sappiamo, però, che vive a Udine con una nuova famiglia. E che nell’ultimo resoconto della sua esperienza con l’Asp ha scritto una poesia. Fa così: