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In Italia l’età legale per lavorare è 16 anni, dopo aver assolto la scuola dell’obbligo. Tuttavia, circa 336.000 minori, tra i 7 e i 15 anni, ovvero il 6,8% del totale dei bambini in quella fascia d’età, hanno avuto esperienze lavorative mentre 58.000 adolescenti tra i 14 e i 15 anni (il 27,8% del totale) dichiarano di avere svolto un lavoro “lesivo della loro scolarizzazione e del loro benessere psicofisico”. È la denuncia di Save The Children, che il 4 aprile 2023 ha presentato Non è un gioco, un’indagine sul lavoro minorile in Italia: “Per molti ragazzi e ragazze in Italia, l’ingresso nel mondo del lavoro troppo presto, prima dell’età consentita, incide negativamente sulla crescita e sulla continuità educativa, alimentando il fenomeno della dispersione scolastica”, ha detto Claudio Tesauro, presidente di Save the Children.
Secondo ISTAT nel 2021 quasi il 13% dei giovani tra i 18 e i 24 anni è uscito dal sistema di istruzione e formazione senza diploma o titolo di studio. La media europea è del 9,7%. Lo stesso vale per i cosiddetti Neet (qui trovi la serie di Slow News Neet. Senza una meta.): nel 2021 il 23,1% dei giovani tra i 15 e i 29 anni in Italia era fuori da qualsiasi percorso lavorativo, scolastico o formativo, il tasso più alto dell’Unione Europea, più del doppio rispetto a Francia e Germania.
I settori lavorativi interessati dal fenomeno sono la ristorazione (25,9%), la vendita al dettaglio in negozi e attività commerciali (16,2%), il lavoro in campagna (9,2%) o nei cantieri (7,8%) e il lavoro di cura con la continuità dei fratelli, sorelle o parenti (7,3%). A questa lista si aggiunge il lavoro online (5,7%): realizzazione di contenuti social o videoludici, rivendita di abbigliamento moda o tecnologico.
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La povertà educativa e le politiche per l’infanzia sono anche alcuni dei temi che affrontiamo su A Brave New Europe, il progetto sulle politiche di coesione europee di Slow News, Percorsi di Secondo Welfare, Internazionale e Zai.net.


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