
Il 90% tra vestiti usati e rifiuti tessili provenienti da paesi europei sta finendo in Africa e Asia, con conseguenze anche molto gravi sull’ambiente.
Nel novembre del 2021, alla fine dei lavori della COP26, 34 paesi e cinque istituzioni finanziarie avevano firmato un impegno congiunto — la cosiddetta “Dichiarazione di Glasgow” — per porre fine a nuovi finanziamenti pubblici ai combustibili fossili entro il 31 dicembre 2022.
Ora, a distanza di un anno e mezzo, l’associazione ReCommon porta l’attenzione sul documento programmatico diffuso dalla coalizione internazionale Export Finance for Future di cui l’Italia fa parte, ma stranamente non dai canali ufficiali di SACE o del ministero dell’Economia e delle Finanze.
Il punto qual è? Che dentro quel documento non c’è scritta la stessa cosa che è stata dichiarata a Glasgow, anzi.
Il gas viene definito un «combustibile di transizione, strategico per la sicurezza energetica italiana» e viene sancito che i progetti per esplorazione e produzione di gas potranno essere finanziati fino a gennaio 2026, mentre «per i progetti di trasporto e stoccaggio, invece, la data ultima non è proprio menzionata perché deve essere “ancora definita”».
Puoi leggere il documento originale qui.
Il 90% tra vestiti usati e rifiuti tessili provenienti da paesi europei sta finendo in Africa e Asia, con conseguenze anche molto gravi sull’ambiente.
L’aumento delle colture di tabacco da reddito in Africa sta mettendo a rischio la sicurezza alimentare e nutrizionale.
Lo conosciamo dal 1865, spiega perché più strade costruiamo e più diminuisce la loro efficienza e una sitcom australiana ci aiuta a spiegarlo bene.