
Prima o poi doveva arrivare un Barbero su Cose che restano, no? Quel giorno è oggi, il tema è la guerra lungo la storia dell’Umanità e come al solito è illuminante
Poche idee e molto ben confuse.
Quasi in contemporanea all’atterraggio di Giorgia Meloni a Maputo, capitale del Mozambico, il Ministero degli Esteri confermava quello che chi si occupa di Afriche sapeva già almeno dal giorno prima: la Conferenza Italia-Africa nel 2023 non si farà (era in programma tra tre settimane, il 5 e 6 novembre) e tutto è rimandato al 2024 “alla luce del peggioramento del contesto internazionale di sicurezza” dice la Farnesina. Insomma, la guerra tra Israele e Hamas ferma i piani italiani di connessione con il continente africano e il piano Mattei, era attesa la presentazione del progetto definitivo di quello che è “il nuovo approccio” del governo italiano al continente africano, dovrà aspettare.
Il cambio di approccio è stato ribadito dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni in Mozambico, dove è atterrata venerdì 13 ottobre 2023, ma andando oltre il dichiarazionismo e la propaganda c’è un fatto incontrovertibile: il governo italiano non ha ancora chiarito come cambierà l’approccio italiano all’Africa e come Roma vuole governare questo cambiamento “epocale”. Dopo Maputo, Meloni è volata a Brazzaville, dove ha incontrato il presidente Denis Sassou Nguesso. Un viaggio targato ENI, che proprio in Mozambico e Congo ha alcuni dei progetti energetici più importanti nel continente africano.
Restano quindi le cose che si fanno, per poter capire e delineare quantomeno un contorno di questo fantomatico piano Mattei per l’Africa: gli accordi energetici con l’Algeria, che sono la porta laterale per la Russia all’Europa, gli accordi di cooperazione sulla sicurezza con la Tunisia, che sono il perpetrarsi della politica che foraggia i satrapi nordafricani così da nascondere la polvere sotto al tappeto (e i cadaveri in mare) e l’assenza di progettualità sul resto del continente (ma chiamandola con un nome diverso).
Un altro fatto difficile da smentire è che, osservando le destinazioni africane di Giorgia Meloni, il piano Mattei abbia sei zampe, come il cane dell’ENI.


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