UrbAlytics, la tecnologia può essere una soluzione?
È un progetto italiano finanziato dall’Europa, mette insieme AI, analisi dei dati e progettazione urbana ed è già a disposizione del Comune di Milano
Quasi soltanto a parole, o in qualche report finanziato da progetti europei. Nella realtà le cose sono ancora molto indietro
Nel 2023, più di 45.000 persone sono morte in Europa a causa del caldo, con i Paesi del sud in cima alla lista. Tuttavia, esistono soluzioni adattive disponibili.
Il problema è enorme, dunque, e si sta aggravando. Questa è la cattiva notizia. Ma come abbiamo visto ci sono anche le buone notizie: le soluzioni, infatti, esistono. Di più: non sono legate a mirabolanti tecnologie fantascientifiche o a investimenti folli, né tantomeno sono un segreto di Stato. Al contrario, sono molteplici, semplici, economiche e a disposizione di tutti, soprattutto della classe politica e degli amministratori, che le conoscono benissimo da anni.
Il tema della resilienza dei territori di fronte ai cambiamenti climatici è, almeno sulla carta, in cima all’agenda dei decisori, degli amministratori e degli urbanisti di tutto il mondo da qualche anno. Grazie soprattutto alla spinta dell’Unione Europa, le grandi città si stanno dotando tutte del cosiddetto Piano Clima, ovvero il documento strategico che guida la transizione ecologica delle città da qui al 2030.
Sta accadendo anche a Milano, il cui consiglio comunale ha approvato il proprio Piano Aria e Clima nel febbraio del 2022. Nella delibera del consiglio, il documento è corredato da cinque allegati che contengono una analisi della situazione, il profilo climatico locale, la relazione tecnica sulla qualità dell’aria, la relazione tecnica di mitigazione e infine le “Linee guida per l’adattamento ai cambiamenti climatici della città di Milano”.
Questo ultimo documento è stato elaborato da una struttura speciale, la “Direzione di Progetto Città resilienti”, che si inseriva anche in un network internazionale, 100 Resilient Cities, dal 2013 al 2019 finanziato dalla fondazione Rockefeller, che pur avendo interrotto il programma nel 2019, tuttora continua a sostenere finanziariamente i cosidetti Chief Resilience Officer che ha contribuito a far assumere. A partire dal febbraio del 2022, a capo Direzione di Progetto dedicata alla Resilienza Urbana del comune di Milano, con il ruolo di Chief Resilience Officer, c’è Ilaria Giuliani.
Dal 2017 la Direzione segue anche la tematica delle ondate di calore e analizza il rischio attraverso un lavoro di identificazione di shock e stress che colpiscono la città. Tra questi, il caldo estremo e le ondate di calore sono riconosciuti come uno “stress cronico”, ovvero eventi avversi a lenta insorgenza che indeboliscono il tessuto di una città.
Il Piano Aria e Clima (PAC) del Comune di Milano parte dallo studio delle variabili climatiche per simulare l’andamento delle temperature e precipitazioni da qui al 2050. Tutti i dettagli sono contenuti nel Profilo Climatico Locale, allegato PAC elaborato nel 2018 con Arpa Lombardia e Arpa Emilia-Romagna e in fase di aggiornamento.
Partendo dalle analisi territoriali, la Direzione Resilienza Urbana ha elaborato per il PAC le Linee guida per l’adattamento ai cambiamenti climatici che definiscono la strategia, gli obiettivi e le misure di adattamento, nel quadro degli obiettivi posti dal Piano. Le linee guida si dovrebbero concretizzare con le azioni strategiche illustrate nell’Ambito 4 del PAC “Milano più fresca”, che la città si impegna a realizzare entro il 2030.
Per raggiungere gli obiettivi del PAC, la Direzione Resilienza Urbana contribuisce con un approccio trasversale ai diversi ambiti di intervento grazie alla partecipazione a numerosi progetti europei e internazionali di ricerca innovazione e sviluppo incentrati sulle tematiche di anticipazione del rischio e adattamento.
Uno dei programmi internazionali di recente attivazione su queste tematiche si chiama Quartieri Resilienti. Si tratta di un progetto Finanziato da Zurich Foundation e Urban Partners e coordinato a Milano dalla rete C40 Cities. È iniziato a febbraio 2024 e ha inaugurato a fine settembre la prima oasi scolastica milanese, nel quartiere di Crescenzago, con l’obiettivo di trasformare uno spazio verde sottoutilizzato in nuovo centro di aggregazione e socialità, per alunni e alunne, ma anche per cittadini e cittadine.
Un altro intervento il cui inizio è previsto per l’autunno 2024 è Milano Green Circle un progetto in collaborazione con ForestaMI. In questo caso, grazie anche all’investimento di una grande azienda, Armani, il Comune prevede “un esteso intervento di rinaturalizzazione che porterà alla piantagione di 350 nuovi alberi e oltre 60.000 arbusti ed erbacee perenni lungo il percorso filoviario che attraversa 8 dei 9 Municipi del Comune”.
Ma quali sono le soluzioni più efficaci per contrastare le ondate di caldo e mitigare gli effetti delle isole di calore urbano?
C’è un report promosso dalla Città Metropolitana di Milano e cofinanziato dall’Unione Europea che si chiama Life Metro Adapt ed è uno dei migliori documenti in circolazione sul tema. Elenca, in modo sintetico ma sistematico, decine di azioni per contrastare l’effetto delle isole di calore urbano, con tanto di casi di studio internazionali di provata efficacia da cui prendere ispirazione. Mira «a integrare le strategie di cambiamento climatico nella Città Metropolitana di Milano», è stato redatto tra il settembre 2018 e il settembre 2021 e ha visto collaborare diverse realtà.
La lista è eterogenea. Oltre alla Città Metropolitana di Milano, infatti, troviamo nell’ordine:
Il lavoro, durato tre anni, ha portato alla pubblicazione di parecchio materiale. Tra i documenti più interessanti c’è il Practical Handbook, che potete scaricare da questo link (in inglese) e che contiene 40 pagine di dati, analisi, mappe, grafici e soluzioni. Ma c’è anche un altro documento, questo totalmente in italiano, che raggruppa in poco più di 80 pagine le schede tecniche di 20 tipologie di interventi per mitigare gli effetti del caldo estremo. Dalla gestione delle acque, al verde tecnico in ambiente costruito (dai tetti e pareti verdi alle scelte di arredo urbano) fino alle opzioni di verde urbano al suolo (dalle alberature stradali alla forestazione urbana).
È un lavoro immenso ed è costato 1 milione 306mila euro, di cui una parte importante — 670mila 417 euro — è stata cofinanziato dall’Unione Europea coi fondi del programma LIFE. Eppure, a vedere quello che succede in città, sembra che nessuno lo abbiamo letto.
Alcune delle soluzioni proposte in questo report funzionano veramente — e già da un bel po’ — nella stessa città di Milano. Un esempio su tutti: la forestazione. Nonostante, come abbiamo visto, alcune delle piazze rinnovate più recentemente (piazza San Babila, piazza Castello, largo Augusto) siano paraddosalmente delle gigantesche isole di calore, ci sono altri luoghi in città, progettati circa un secolo fa che, grazie a dei semplici filari di alberi lungo i lati delle strade, mostrano risultati di mitigazione notevoli.
Lo vediamo molto bene da una fotografia satellitare pubblicata dall’Agenzia Spaziale Europea e realizzata il 18 luglio del 2022. Mostra la temperatura superficiale della città di Milano quel giorno. In rosso ci sono le zone più calde e poi a scendere, schiarendo sempre di più e virando al verde, le zone più fresche. La forbice va tra i 35 ai 48 °C. La stessa che c’è tra un mondo ancora vivibile e uno no.
Le parti più scure della mappa sono le isole di calore. Non è una sorpresa: come ampiamente prevedibile, sono le zone più asfaltate, trafficate o industrializzate della città. Sono le parti più chiare della mappa invece che ci raccontano storie interessanti per trovare soluzioni per sopravvivere. Ci sono i parchi cittadini, ovviamente, ma ci sono altre due zone “chiare” e mitigate che in qualche modo potrebbero sorprendere e che vale la pena osservare.
La prima è Porta Nuova, nel centro nord, tra la stazione Garibaldi e il quartiere Isola, rifatta interamente negli ultimi anni, in cui sorge il Bosco Verticale, la futuristica piazza Gae Aulenti, il torracchione dell’Unicredit. È una zona dotata di ampie superfici non asfaltate, tra prati, arbusti e fontane, ed è molto poco densa, con spazi aperti che permettono al calore di disperdersi.
La seconda, nella zona est, è il quartiere di Città Studi, il distretto universitario progettato e realizzato negli anni Venti del Novecento, che ha mantenuto alcuni viali alberati (Romagna, Ponzio, Pascoli, Pacini) alcuni piazzali alberati (Piola e Leonardo da Vinci), ma anche alcuni giardini, un campus universitario ricco di vegetazione, e alcune pittoresche case ricoperte interamente da vegetazione (Gran Sasso, Ampère).
Entrambe le aree dimostrano che resistere agli effetti delle isole di calore in città è una missione possibile, anche se ognuna lo fa in un modo diverso.
Quello di porta Nuova è un modello esclusivo per ricchi: ha costi economici e sociali molto elevati, ricadute economiche per pochissimi, ed è impossibile da scalare e diffondere sul territorio. Quello di Città Studi, invece, presenta alcune prove che l’idea di togliere spazio all’asfalto e alle macchine per lasciarlo alla vegetazione deve e può essere una soluzione anche per i quartieri residenziali e più esterni.
Al di là di paper e ricerche, la prova è evidente a chiunque percorra il quartiere in un giorno d’estate. Appena si passa da una via asfaltata a un viale alberato si percepisce un crollo della sensazione precedente di caldo umido e soffocante. Nonostante le automobili siano dovunque, persino sui marciapiedi ombreggiati sotto i filari di alberi, la differenza di temperatura tra le due strade è enorme. Non è una gran scoperta, ovviamente: d’altronde l’albero è la migliore tecnologia di climatizzazione che abbiamo a disposizione.
Non è solo una sensazione, ovviamente. «La differenza di temperatura tra l’asfalto al sole e quello all’ombra può arrivare fino a 15-20°C», conferma Serena Giacomin, fisica meteorologa, climatologa e presidente dell’Italian Climate Network. «L’asfalto al sole può raggiungere 50-60°C», continua, «mentre sotto gli alberi si ferma a 30-40°C. I viali alberati, come quelli presenti a Città Studi a Milano, quindi, sono un ottimo esempio del ruolo della forestazione urbana nel mitigare il calore. Gli alberi riducono l’assorbimento diretto del calore solare da parte del suolo e delle infrastrutture. Questo non solo riduce le temperature superficiali ma migliora anche il comfort termico per chi si trova a passare per quelle aree, riducendo l’isola di calore urbana. Quindi sì, è una prova che funziona».
Questa inchiesta a puntate è stata prodotta grazie al supporto di Journalism Fund Europe.
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Lo è per tanti motivi, ma soprattutto per scelte urbanistiche e politiche. Le cose potrebbero migliorare, ma non sta succedendo
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