Quel che rimane del verde romano
Molti cittadini di varie zone di Roma si stanno attivando per mettere in campo “esperienze di autogestione e cura del verde”.
Il parco deve essere tale altrimenti allo stato attuale è più una fonte di pericolo che di salubrità.
A difesa del verde tra il cemento, il Comitato per il Pratone di Torre Spaccata da anni tenta varie strade anche attraverso strumenti legali per la tutela dell’area e la creazione di un Parco. Tra queste azioni vi è stata la promozione di una delibera di iniziativa popolare, conclusasi con la raccolta di ben 11.000 firme, che chiede al Comune di Roma di cambiare la destinazione del Pratone di Torre Spaccata da edificabile a verde pubblico e servizi pubblici. Bastavano 5.000 firme, ossia meno della metà di quelle raccolte, per far sì che il Consiglio Comunale discutesse la proposta.
A salvaguardia del Pratone di Torre Spaccata ma anche dell’area attigua di Centocelle, nell’autunno 2023 sono state depositate dal Comitato Pratone di Torre Spaccata e dal Forum per la Riqualificazione del Parco pubblico di Centocelle, con il supporto di A Sud, due richieste di accesso civico generalizzato. Le richieste sono accomunate dall’obiettivo di difendere due preziose aree verdi, parti di un unico corridoio ecologico, in un quadrante densamente abitato e cementificato di Roma. Tali richieste sono solo parte di una strategia più ampia, ma sono fondamentali per attività successive dei comitati mirati alla tutela delle aree interessate.
La prima richiesta si occupa dell’apposizione di vincoli archeologici all’interno del Pratone di Torre Spaccata e mira a portare alla luce lo stato di attuazione di altri possibili vincoli ricadenti nella stessa area, che porrebbero limitazioni alla possibilità di costruire nuovi edifici nella zona tutelata. La seconda richiesta mira a raccogliere informazioni sullo stato della rimozione degli autodemolitori che sono stati colpiti da un incendio avvenuto nell’estate 2022 all’interno del Parco di Centocelle, al fine di promuovere la riqualificazione dell’area e la trasparenza verso i cittadini interessati.
Incontriamo Stefano, abitante del quartiere di Torre Spaccata da sempre, studente di economia, poi ferroviere. Ha uno spiccato interesse per la politica, e ritiene che “scendere in campo per un’area verde sia parte di un’attività politica”. Fa parte del Comitato per il Pratone di Torre Spaccata come portavoce. Nonostante il Comitato sia una struttura informale, ci racconta, nel tempo è diventato un interlocutore con le istituzioni.
“Cosa rappresenta per te il Pratone?”, chiediamo. Stefano ci dice che “il Pratone è sempre stato un enorme punto interrogativo. Sono nato nel 1992 e me lo sono sempre ricordato così, recintato e lasciato a sé stesso. Ho seguito una scuola media su Via Rugantino e dalla finestra vedevo buona parte di questa area verde in cui un pastore era solito portare le sue pecore. Per la mia esperienza, era una vista inusuale…”. Stefano ci parla di quando il suo sguardo verso il Pratone è cambiato: “Nel tempo, ho sviluppato un interesse politico per la questione ambientale e la lotta ecologista contro il consumo di suolo. Subito dopo il primo lock-down mi sono reso conto che il Pratone era una risorsa per gli abitanti locali, mentre tutto intorno gli spazi verdi diventavano palazzine e supermercati. Poi sono stato a un evento della Comunità per il Parco Pubblico di Centocelle e ho incontrato una persona che mi ha parlato del valore di preservare aree come il Pratone. Poco dopo, con lui abbiamo fondato il Comitato”.
Stefano ci racconta del suo stupore nel rendersi conto che il Pratone avesse un valore archeologico, oltre quello ambientale. Agli inizi degli anni 2000 si trovarono degli scavi nell’area, benché sommersi dallo scarico di materiale edilizio, come racconta la pubblicazione “Torre Spaccata Sistema Direzionale Orientale – S.D.O., Le indagini Archeologiche”. Stefano afferma “molti abitanti ne erano consapevoli ma io no, e paradossalmente nessuno me ne aveva parlato nella scuola che era a pochi metri dal Pratone.” L’area, nonostante questo patrimonio archeologico ben documentato, fino a qualche anno fa non aveva nessun vincolo archeologico. Così il Comitato iniziò una battaglia sollecitando la Sovrintendenza Capitolina e Soprintendenza Generale. Al tempo, i cittadini riuscirono a instaurare un dialogo con una Commissione Capitolina, presieduta dalla Consigliera Eleonora Guadagno sotto l’amministrazione della Sindaca Virginia Raggi (anni 2020-2021). Questa interlocuzione ha portato all’apposizione di un vincolo archeologico che al momento include quattro delle cinque ville romane nell’area. Una delle cinque ville, la “Villa Togliatti”, è recintata con intorno costruzioni, dunque non è un bene fruibile. Inoltre, nota Stefano, questi sono vincoli puntuali limitati, in quanto tutelano il singolo reperto ma non tutta l’area.
La complessità della questione è approfondita nei dossier “Il Pratone” e “Alla fiera dell’est” accessibili dal sito del Comitato e nell’articolo dal titolo eloquente “Lo specchio delle brame romane: il Pratone di Torre Spaccata al bivio tra speculazione e diritto all’ambiente” di RomaRicercaRoma.
Stefano ci racconta anche del coinvolgimento dei cittadini attraverso il monitoraggio ambientale civico. I cittadini locali hanno portato avanti un lavoro di censimento di tutte le specie, i cui risultati sono stati resi pubblici sul loro sito. Dal monitoraggio, è risultato che molti animali – ad esempio l’avifauna – utilizzano lo spazio del Pratone come area di passaggio. Il falco pellegrino, inoltre, usa il Pratone come luogo di ristoro e nutrimento. Sull’area sono stati censiti anche rettili, volpi, fagiani, poiane e altre specie di interesse. Con l’aiuto di un botanico, il Comitato ha anche mappato la flora dell’area. Stefano ritiene che il Pratone sia “da tutelare anche a prescindere dal valore naturalistico delle singole specie presenti, in quanto esse danno comunque un servizio ecosistemico.”
Vi è persino un romanzo che una scuola locale ha realizzato sul Pratone, come ci racconta la pagina Instagram gestita dagli studenti della scuola. Stefano commenta questa iniziativa così: “Mi ha colpito e mi ha reso più ottimista perché mi è sembrato che venisse riconosciuto tra varie generazioni il valore del Pratone. L’immaginazione è lo strumento che i ragazzi hanno a loro disposizione, e hanno scelto il Romanzo come metodo per raccontare la storia del Pratone.”
Chiediamo a Stefano se il Comitato abbia anche creato sinergie con altre lotte simili in altri luoghi di Roma per evitare compensazioni altrove. Stefano ci racconta che “La proprietà del Pratone è di Cassa Depositi e Prestiti che non è il peggior privato e in più con tutti i vincoli costruire sull’area non è vantaggioso. Arrivare a una compensazione sarebbe stato facile, ma abbiamo deciso di chiedere lo stop completo del consumo di suolo e quindi stop all’edificazione su zone ancora permeabili. Purtroppo, il Comune di Roma si è sempre orientato sulla strategia delle compensazioni piuttosto che sui diritti dei cittadini all’ambiente, alla salute…Essere rete vuol dire non essere disposti a derogare alla nostra richiesta e non accettare alcuna forma di compensazione.” Stefano mi racconta che oggi pomeriggio incontrerà altri comitati per discutere della Relazione del Presidente dell’Ufficio Clima del Comune di Roma, proprio per affrontare altri casi e altre incoerenze. “Dobbiamo resistere alla tendenza del Comune a promuovere una strategia di dividi et impera”, conclude Stefano.
Nell’estate 2022 una nube di fumo ha avvolto un intero quadrante della città, nell’area dove si trova il Parco di Centocelle, eterna area verde incompiuta e dimenticata dalla politica, naturale proseguimento del Pratone di Torre Spaccata. Immagini spaventose fecero il giro dei media italiani. I residenti ricordano ancora la paura per le esalazioni tossiche, le finestre serrate, le informazioni confuse. L’incendio svelò la precarietà del verde urbano e della gestione di un’area da tempo al centro di conflitti urbani per la presenza di autodemolitori, ancora lì su Viale Togliatti, nonostante i tanti annunci di un’imminente delocalizzazione. L’avvenimento mise anche in luce l’urgenza della bonifica delle aree e le lacune di un sistema antincendio carente, nonostante i comitati di cittadini avessero fatto un esposto ai Vigili del Fuoco per esporre i rischi dell’area e chiedere un controllo adeguato a tutela della loro incolumità.
Intervistiamo Cristiana, che si occupa di comunicazione per PAC Libero, comitato spontaneo nato nel 2017. Insieme ad altri abitanti delle zone limitrofe al Parco, ha dato origine al comitato per “ far fronte all’emergenza territoriale causata dai roghi covanti che si erano sviluppati nell’area del Parco di Centocelle denominata ‘Canalone’ e che hanno esposto a fumi tossici i cittadini per ben 45 giorni Il comitato si è costituito a partire dalla mobilitazione di autodifesa del territorio, e […] è impegnato per proteggere e migliorare il quartiere e rafforzare i legami della comunità che lo abita.”. Sono dunque “nati sulla scorta di un’emergenza per capire come tutelarsi visto che le istituzioni di fronte ai roghi brancolavano nel buio”, afferma Cristiana. “Ad oggi, a più di un anno e mezzo dall’incendio del luglio 2022 è ancora tutto sospeso, ci sono ancora i rottami combusti degli autodemolitori che presero fuoco e ciò espone non solo al degrado ma anche al malaffare e al sorgere di attività illegali conclude.
La situazione degli incendi ricorrenti a Roma incluso quello di Centocelle del 2022 viene raccontata da un articolo dal titolo “Le indagini sui quattro grandi incendi a Roma” de Il Post.
Cristiana si dimostra anche informata del quadro legale applicabile. Ci dice: “Per legge dovremmo avere circa 10-11 metri quadrati di verde pro-capite. Senza il Parco qui ne avremmo solo 3 a testa, mentre con il Parco i metri a disposizione per ciascuno salgono a 8. Con la pandemia è stata evidente l’importanza del parco. Ma il parco deve essere tale altrimenti allo stato attuale è più una fonte di pericolo che di salubrità.”
Le chiediamo cosa possano fare i cittadini comuni per documentare e combattere incidenti come quelli avvenuti a Centocelle. Lei risponde convinta: “Unirsi. È il branco che fa la forza. Comprendere ed utilizzare gli strumenti legali a propria disposizione. Fare raccolte firme. Allertare le istituzioni, tramite il monitoraggio civico e con azioni legali che sono diventati stimolo per indagini. Cercare di instaurare un dialogo istituzionale. Attivare la stampa che può dare visibilità a queste lotte”. Anche i giovani del luogo si sono mobilitati, con la spinta di comitati e insegnanti, ad esempio attraverso la realizzazione di disegni che sono stati affissi all’ingresso del Parco, come a darci il benvenuto e ricordarci dell’importanza di combattere per difendere l’ultimo verde urbano.
Chiediamo anche a Cristiana cosa rappresenta per loro il Parco di Centocelle. Cristiana ci risponde “Un corridoio ecologico e archeologico, ha un valore storico…fu dove avvenne il primo volo dei Fratelli Wright! Potrebbe avere anche un valore turistico e dunque economico. L’incendio ci ha fatto riflettere sul valore dell’area, 126 ettari di zona verde sconosciuta e poco valorizzata, ci sono persino ancora rifiuti interrati dopo lo sgombero dei campi rom denominati ‘Casilino 700’ e ‘Casilino 900’”.
Dalle parole di Cristiana emerge una “scarsa volontà politica di valorizzare l’area, ordinanze emesse e mai applicate che hanno reso l’area una zona di illegalità”. Tuttavia, quasi a dar sollievo alla comprensibile frustrazione degli abitanti, sembra che alcuni progressi stiano avvenendo proprio in questi primi mesi del 2024. Di febbraio è la notizia di un sopralluogo del Sindaco di Roma, Gualtieri, presso l’area del Parco, al fine di avviare un progetto che entro il 2026 prevede la completa fruibilità del parco per i cittadini e la piantumazione di 570 nuovi alberi nell’area. Un progetto ambizioso che ha portato a parlare persino del ‘Central Park’ di Roma Est.
Questa serie ci è stata donata dalle autrici e da A Sud Onlus. Le immagini sono di A Sud, del Comitato Pratone di Torre Spaccata e di Romanzo del Pratone. Sul tema dei “vuoti urbani”, della “rigenerazione” e, in generale, del rapporto cittadini-città, abbiamo pubblicato la serie Roma Selvatica, di Ylenia Sina.
In difesa dell’ultimo verde urbano.
Molti cittadini di varie zone di Roma si stanno attivando per mettere in campo “esperienze di autogestione e cura del verde”.
Il parco deve essere tale altrimenti allo stato attuale è più una fonte di pericolo che di salubrità.
Vista dall’estero è un modello, un caso di studio e un vanto per la città di Milano, solo che vista da Milano praticamente non esiste
Quasi soltanto a parole, o in qualche report finanziato da progetti europei. Nella realtà le cose sono ancora molto indietro
È un progetto italiano finanziato dall’Europa, mette insieme AI, analisi dei dati e progettazione urbana ed è già a disposizione del Comune di Milano