Ep. 01

Dalle miniere al turismo

L’isola d’Elba è una zona ultraperiferica, che con l’arrivo dei turisti è cambiata. Anche grazie ai fondi di coesione Ue. Ma l’equilibrio tra la ricchezza che il settore genera e le sue conseguenze sull’ambiente è ancora da trovare.

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L’altra Elba

L’Elba è un luogo periferico, ma ricco. Marginale, ma attraente. In crescita, ma forse non sostenibile. Ha tante facce, plasmate anche dai fondi di coesione Ue. Alice Facchini ci porta a conoscerle

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«A me piace più l’estate che l’inverno. È vero che si lavora di più, ma i ritmi frenetici non mi spaventano. Quando ci sono pochi clienti invece il tempo non passa mai: preferisco la fatica che la noia».

 

Tommaso Anella parla poco mentre lavora, ma quando ha qualcosa da dire lo fa senza tanti giri di parole, con la voce potente che arriva dall’alto del suo metro e 95 centimetri. Ha solo 21 anni, ma nonostante la giovane età ha ben chiari i suoi gusti: gli piacciono la puntualità, le patatine fritte, l’Inter e il cartone animato Holly e Benji

 

Ma soprattutto gli piace San Piero in Campo, un piccolo paese situato sui monti dell’isola d’Elba: è qui che Anella è nato, ed è qui che oggi vive con i suoi genitori e i suoi tre fratelli. «Mi piace lavorare vicino a casa», spiega. «Ogni giorno – continua – arrivo puntuale alle 18, sistemo la sala, controllo i frigoriferi, apparecchio, e alle 20 torno a casa. D’estate mi fermo un’ora in più».

«Ricordo ancora quando Tommaso ha rotto l’orologio del ristorante mentre provava a mettere avanti le lancette per uscire prima. Ora è parte integrante del nostro gruppo».

Un’Elba inclusiva

Il ristorante L’Ottavo, dove lavora Anella, è uno dei pochi dell’isola che resta aperto anche in inverno. La firma del contratto è arrivata dopo due tirocini, il primo fatto mentre frequentava la scuola alberghiera, e l’altro avvenuto grazie al progetto Isola per l’inclusione lavorativa delle persone fragili: Anella è stato inserito in quanto persona con autismo, ma grazie alle sue buone capacità trovare un lavoro non è stato difficile.

 

«All’inizio dovevamo costruire un rapporto di fiducia», racconta la titolare di L’Ottavo Giada Manzoni, milanese di origine trapiantata a San Piero. «Ricordo ancora quando Tommaso ha rotto l’orologio del ristorante mentre provava a mettere avanti le lancette per uscire prima. Ora è parte integrante del nostro gruppo, con i clienti parla anche un po’ di inglese e tedesco», aggiunge. 

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Tommaso Anella, ragazzo con spettro autistico dietro al bancone del ristorante L'Ottavo - Foto: Max Cavallari
Vista tra le case del porto di Marciana Marina - Foto: Max Cavallari
Vista tra le case del porto di Marciana Marina - Foto: Max Cavallari

Isola (acronimo di Inclusione Sociale attraverso il Lavoro) è uno dei progetti sociali di inclusione lavorativa dell’Elba ed è stato finanziato con 178mila euro del Fondo sociale europeo. Tra il 2021 e il 2022, quaranta persone disoccupate con disabilità o fragilità in carico ai servizi sociali hanno svolto una formazione al lavoro e sono state seguite in un percorso personalizzato: di queste, 23 hanno fatto un tirocinio in aziende dell’isola, e nove di loro sono state poi assunte, come Anella.

 

«Chi ha fatto questo percorso ha acquisito sicurezza in sé e ha consapevolizzato di poter dare qualcosa alla società, anche in termini di lavoro», spiega Giacomo Giusti della cooperativa Pegaso Network, capofila del progetto. «Molti ragazzi – prosegue – hanno lavorato nei supermercati, negli alberghi o nella ristorazione. All’Elba molte imprese sono a vocazione turistica: d’estate i ritmi sono molto elevati, in inverno è più facile trovare un tirocinio».

 

Il progetto Isola e la storia di Tommaso Anella uniscono il turismo e i fondi di coesione Ue.
Per questo, raccontano bene l’Elba di oggi. Ma anche la storia che l’ha portata ad essere un’isola atipica e le sfide che dovrà affrontare nel suo futuro. 

Un’Elba ultraperiferica

Nell’aprile del 2022, insieme a tutte le altre isole minori italiane, l’Elba è entrata a far parte della Strategia nazionale aree interne (Snai). È un fatto emblematico e, per certi versi, contraddittorio. 

 

La Snai è nata nel 2013 per «dare risposta ai bisogni di territori caratterizzati da importanti svantaggi di natura geografica o demografica» e, per farlo, classifica i territori italiani in base alla loro distanza dai centri di offerta di servizi essenziali (definiti poli). Le possibili categorie sono quattro e la più penalizzante è quella di zona ultra periferica. I sette comuni che compongono l’Elba sono tutti ultraperiferici, perché ci vogliono circa due ore per raggiungere il polo più vicino, che è quello di Grosseto.

Tanti si trasferiscono qui a causa del turismo. Oggi la metà degli abitanti elbani non è nata all’Elba. 

Inoltre, presentando l’inserimento delle isole minori nella Snai, l’allora Ministero del Sud ha spiegato che i comuni di questi territori presentano un importante processo di spopolamento e criticità in particolare nei servizi sanitari e scolastici. Questi ultimi problemi, come vedremo nei prossimi articoli di questa serie, sono molto sentiti anche all’Elba. Sebbene la questione sia più sfumata e complessa che altrove, anche l’elemento demografico è importante. Sull’isola la natalità è in calo: negli anni 2000 nascevano circa 250 bambini l’anno, dal 2010 il numero si è assestato sui 200, mentre nel 2023 ne sono nati solo 121

 

Infine, c’è la questione economica. Spesso, i territori inseriti in questa strategia sono vittime di processi di deindustrializzazione, proprio come quello che ha toccato il settore trainante dell’economia elbana per secoli: l’estrazione del ferro. Le miniere di ferro, che nel momento di massima espansione davano lavoro a 2.500 operai, nel 1981 hanno chiuso, dopo scioperi e agitazioni sindacali. I minatori non potevano sapere che, vent’anni dopo le proteste, quelle stesse miniere avrebbero riaperto con uno scopo tutto nuovo: diventare un’attrazione turistica.

Il nuovo uso delle miniere è un simbolo della doppia faccia dell’Elba: un luogo che rimane interno e periferico, ma che al tempo stesso è più ricco e attraente di un tempo. Un luogo dove i fondi di coesione Ue hanno contribuito a far crescere quel turismo sul quale si fondano l’attuale benessere dell’Isola e la sua capacità di attirare nuovi abitanti. 

 

Il rapporto Snai sulle isole minori, infatti, spiega che all’Elba si registra un «interessante dinamismo demografico», che dal 1981 al 2019 ha visto i suoi residenti aumentare del 14 per cento. Com’è possibile che la popolazione cresca, se nascono meno bambini? Semplice: tanti si trasferiscono qui a causa del turismo. Oggi la metà degli abitanti elbani non è nata all’Elba. 

 

L’aumento del numero di abitanti è lo specchio di un’economia trasformata: un tempo c’erano le miniere di ferro, ma anche tanta agricoltura, soprattutto quella dei vigneti. Dagli anni Sessanta è arrivato il turismo. «Siamo passati dal piantare le viti al ‘piantare’ i turisti», spiega Umberto Mazzantini, nato nel 1957 a Marciana Marina. 

Un’Elba turistica

Il mare, che un tempo era considerato pericoloso a causa dei pirati, è diventato fonte di ricchezza grazie allo sbarco dei turisti. E gli elbani si sono spostati dall’entroterra sulle coste. 

 

Lo spopolamento che non ha lasciato scampo a molte aree interne in altre parti d’Italia, qui si è concentrato nei paesi storici delle montagne. Ed è stato ampiamente compensato dalla crescita dei borghi di pescatori, che si sono andati gonfiando di case, hotel e bed and breakfast. Un esempio: il centro montano di Marciana nel 1981 contava 2.300 abitanti, scesi a 2mila nel 2021. Negli stessi quarant’anni Capoliveri, il comune più turistico dell’isola con le spiagge più frequentate, è passato da 2.200 a 3.900 abitanti. 

 

Il risultato è che oggi dal turismo deriva la stragrande maggioranza degli introiti dell’Elba. Secondo l’Istituto regionale di programmazione economica della Toscana (Irpet), il contributo del settore al Pil isolano supera il 40 per cento. A Portoferraio arriva persino al cinquanta, contro una media regionale di poco superiore al dieci per cento. Del resto, l’Elba è il contesto perfetto per un turismo interessato sia al mare che alle attività in natura. Con una superficie di 224 chilometri quadrati – che la rende la più grande tra le isole minori italiane – è attraversata da oltre 400 sentieri, e ha circa 200 spiagge. 

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Fortezza Pisana di Marciana - Foto: Max Cavallari

Sommando tutti e sette i comuni, la popolazione conta poco più di 30mila persone, un numero che decuplica in alta stagione grazie agli arrivi dei turisti: negli ultimi anni, le presenze si sono assestate sui tre milioni ogni estate. Un flusso di persone che genera risorse, sia per il pubblico sia per i privati. 

 

In particolare, ogni turista che arriva sull’isola deve pagare un contributo di sbarco. È una tassa che, secondo la norma del 2011, serve a «finanziare interventi di raccolta e di smaltimento dei rifiuti, gli interventi di recupero e salvaguardia ambientale nonché interventi in materia di turismo, cultura, polizia locale e mobilità nelle isole». Nel 2020 sono stati 2,9 milioni di euro, nel 2021 3,7 milioni, mentre nel 2022 e 2023 si è arrivati a 4 milioni. Somme importanti che vengono gestite da un’organizzazione chiamata Gat, che sta per Gestione Associata del Turismo. «Noi gestiamo prevalentemente attività di comunicazione e promozione turistica del territorio», spiega Niccolò Censi, responsabile della Gat, che dà una direzione unitaria alle politiche sul turismo dei sette comuni elbani. Per esempio, «in occasione del bicentenario napoleonico abbiamo costruito la ‘Napoleone experience’, usando Napoleone come brand e realizzando eventi e pacchetti di viaggio personalizzati», aggiunge riferendosi al periodo di esilio che Napoleone trascorse sull’isola tra l’aprile del 1814 e il febbraio del 1815. 

 

Quelli derivanti dal contributo di sbarco non sono gli unici fondi pubblici che sostengono il settore del turismo all’Elba. Ci sono anche quelli della politica di coesione Ue, il cui obiettivo è la «riduzione del divario tra le regioni, con particolare riferimento alle zone rurali, alle zone interessate da transizione industriale e alle regioni che presentano gravi e permanenti svantaggi naturali o demografici». Le isole, per loro natura, sono molto spesso aree di questo tipo, tanto è vero che nel 2022 il Parlamento Europeo ha votato una risoluzione per riconoscere maggiori tutele alle isole europee, e per fare in modo che in futuro vengano pensate misure specifiche proprio nell’ambito della politica di coesione.

 

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Museo MUM di San Pietro in Campo - Foto: Max Cavallari

I fondi UE, quindi, nei prossimi anni potrebbero giocare un ruolo ancora più importante per luoghi come l’Elba, ma ciò non vuol dire che, in quelli già passati, non siano già arrivati sull’isola. Secondo il rapporto della Snai aggiornato al 2021, in totale, ai 7 comuni elbani sono arrivati 17,5 milioni di euro dei fondi di coesione nella progettazione 2014-20, distribuiti prevalentemente su quattro asset: il primo è turismo e cultura, con 7,3 milioni di euro, seguito da ambiente (3,4 milioni), inclusione sociale (2,3 milioni) e istruzione (1,8 milioni). Nel capitolo dell’inclusione sociale ci sono progetti come quello che ha fatto trovare lavoro a Tommaso Anella. Di quello dedicato alla scuola parleremo nelle prossime puntate, mentre in quello del turismo ci sono diversi interventi pensati per attrarre nuovi visitatori. 

 

A Portoferraio 1,6 milioni di euro sono stati utilizzati per restaurare il Forte Falcone e 1,3 milioni per il Forte Inglese, 614mila euro sono serviti per sistemare i sentieri interni, 347mila euro sono stati impiegati per ristrutturare la Fortezza pisana di Marciana e 278mila euro per riqualificare il porto turistico di Marciana Marina.

 

E poi c’è il Mum. 

Un’Elba sostenibile?

«Senza i fondi della politica di coesione, questo museo non sarebbe mai esistito», dice Giuseppe Giangregorio, responsabile del Mum, il museo mineralogico e gemmologico Luigi Celleri di San Piero in Campo, che per aprire ha ottenuto un finanziamento europeo di 398mila euro. «Prima questa era una scuola elementare: grazie ai fondi di coesione l’edificio è stato ristrutturato e adattato al nuovo uso», spiega. Il Mum ha inaugurato nel 2014. Entrare in queste stanze oggi è un po’ come entrare nelle camere del tesoro della corona: nelle teche, la luce attraversa le pietre preziose e le fa risplendere di blu, viola, verde, giallo. La differenza è che questi sono minerali allo stato naturale, mai lavorati dalle mani dell’uomo: c’è l’ematite, l’ilvaite, e naturalmente l’elbaite, che prende il nome proprio dall’isola. 

 

Negli anni, il Mum è diventato un punto di riferimento per gli studiosi ma anche per le scuole, che organizzano gite di istruzione insieme agli esperti della cooperativa Pelagos, che ha in gestione il museo. «Nel 2023 abbiamo accolto quasi 3mila studenti, che si sono aggiunti a più di 7mila visitatori», spiega Giangregorio. Il museo organizza laboratori di geologia, botanica e biologia marina per bambini dalla scuola materna, fino agli universitari. «Quest’anno stiamo aprendo anche una seconda sala didattica, perché la richiesta è troppa. La maggior parte degli studenti non sono elbani: arrivano da tutta Italia, e anche dalla Svizzera», racconta Giangregorio. 

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Palafitte sulla spiaggia pubblica Le Ghiaie di Portoferraio - Foto: Max Cavallari

Il Mum e la sua politica per le scuole è uno tentativi che si stanno compiendo all’Elba per favorire un turismo più sostenibile, non concentrato esclusivamente sulle coste e distribuito in tutto l’arco dell’anno. Anche la sistemazione e la valorizzazione dei sentieri per il trekking all’interno dell’Isola vanno in questa direzione. E lo stesso, per certi versi, si può dire della Napoleone Experience promossa dalla Gat. 

 

È difficile pesare con precisione i risultati di ciascuna azione per destagionalizzare i flussi turistici, ma la strategia sembra dare qualche primo frutto: dall’analisi dei movimenti turistici del 2023, elaborati dalla Regione Toscana nella provincia di Livorno, risulta un allungamento della stagione, con molte presenze registrate anche nel mese di ottobre. Questo però non risolve il problema del sovraffollamento che colpisce alcune zone, soprattutto nei mesi di luglio e agosto, quando il grosso dei turisti si concentra nelle aree più inflazionate lungo la costa come Capoliveri, Portoferraio o Campo nell’Elba. 

«Senza i fondi della politica di coesione, questo museo non sarebbe mai esistito»

L’equilibrio tra la ricchezza che il turismo genera e le sue conseguenze sull’ambiente elbano è ancora da trovare. Lo sa bene Mazzantini, che è stato il primo fondatore della sezione locale di Legambiente. «L’Elba – riflette – è schiacciata sotto la pressione del cambiamento climatico e della crescente attività turistica». Il patrimonio di biodiversità dell’isola, per esempio, è a rischio. Diversi studi rilevano segnali di mortalità su animali e vegetali, sia per i cambiamenti del paesaggio, sia per l’aumento costante delle temperature del mare, che negli ultimi 40 anni ha registrato una crescita di ben 1,8°C. È solo uno dei segnali che l’equilibrio dell’Elba è sempre più precario. Altri li racconteremo nella prossima puntata di questa serie. 

 

«Siamo ancora in tempo per cambiare rotta, ma serve la volontà politica», riprende Mazzantini. Un fatto emblematico, a suo giudizio, è che l’Arcipelago Toscano non abbia una propria area marina protetta, nonostante questa sia stata già prevista da una legge del 1982.

 

«La grande domanda è: come far convivere il benessere economico dell’isola con la tutela degli ecosistemi e della natura?». Se lo chiede mentre passeggia tra gli stabilimenti balneari ancora chiusi delle Ghiaie, una rinomata spiaggia di Portoferraio, che a ridosso ha una piazza in cemento. Fra qualche mese, qui, sarà tutto pieno di turisti. 

In copertina – Resti di miniere di Rio Marina – Foto: Max Cavallari

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