L’ex Cortina di Bologna non vuole rinunciare allo sci
Al Corno alle Scale, sulle piste dove si allenava Alberto Tomba, la neve è sempre meno. Ma si continua ad investire sul turismo invernale per «sopravvivere»
Al Corno alle Scale è in costruzione un’opera divisiva voluta dalla politica e dalle imprese sciistiche, che ha vinto le contestazioni di una parte di comunità. Un’alternativa meno impattante è stata ignorata e il progetto finale rischia di avere molti problemi.
La storia del Corno alle Scale, località sciistica dell’Appennino, è esemplare delle sfide che la crisi climatica pone al turismo invernale.

I 7 milioni di euro per un nuovo impianto di risalita al Corno alle Scale, la cima più alta dell’Appennino Bolognese, hanno fatto molto discutere in Emilia-Romagna.
C’è chi li vede come un’opportunità di rilancio della montagna, o per lo meno di sopravvivenza. E c’è chi contesta l’impatto ambientale della seggiovia e del maggior numero di turisti che porterà in aree protette, così come l’anacronismo di investire nello sci a bassa quota nel mezzo della crisi climatica.
C’era, però, nel comune di Lizzano in Belvedere, anche chi aveva cercato di trovare un compromesso: una versione più sostenibile del progetto, individuata attraverso uno studio e con la partecipazione di tutta la comunità.
Quel compromesso è stato ignorato. Gli oppositori al progetto sono stati sconfitti in tribunale, e anche i politici che avevano espresso dubbi sono finiti col sostenerlo. Dopo anni di discussioni che hanno fatto aumentare i costi, però, il nuovo impianto rischia di avere alcuni problemi tecnici che potrebbero renderlo poco funzionale.

Il nuovo impianto di risalita del Corno alle Scale nasce sotto l’ombrello di un finanziamento governativo del 2016, che stanziò 20 milioni di euro per promuovere e collegare gli impianti sciistici dell’Appennino Tosco-Emiliano.
Al Corno alle Scale, la costruzione è iniziata nell’estate 2025 e ha un costo complessivo di 7 milioni.
Consiste in una seggiovia quadriposto che parte dal comune di Lizzano in Belvedere (Bologna) e finisce poco sotto il Lago Scaffaiolo, a Fanano (Modena), in sostituzione di due vecchi impianti. In entrambi i comuni, la seggiovia attraversa aree protette: rispettivamente, il parco del Corno alle Scale e il Parco del Frignano.
«Le norme dicono che lì non si possono fare nuovi impianti senza Valutazione d’Impatto Ambientale (Via), ma sono ammesse ristrutturazioni e ammodernamenti degli impianti esistenti» spiega Vinicio Ruggeri, presidente Cai Emilia-Romagna. Ruggeri è membro del comitato Un altro Appennino è possibile, che si è costituito nel 2020 da cittadini e associazioni contrarie alla seggiovia, tra cui Cai, Wwf e Legambiente.
Sulla differenza tra «nuovo impianto» e «ammodernamento» si è consumata una lunga battaglia legale tra gli attivisti e la Regione Emilia-Romagna. Nel 2021, il comitato ha avviato un ricorso al Tar dell’Emilia Romagna contro l’approvazione del progetto senza una Valutazione d’Impatto Ambientale (VIA).
Per la Regione, la VIA non serviva in quanto l’opera era un ammodernamento dei vecchi impianti che sostituisce: la seggiovia Direttissima, in funzione, e la sciovia Cupolino, già dismessa.


«La vecchia [seggiovia] verrà completamente demolita. La nuova avrà tre stazioni, una di partenza, una intermedia e una di arrivo in luoghi completamente diversi dalle precedenti due, e arriverà a 100 m di quota più in alto» spiega Ruggeri. «Questo è un impianto nuovo, non è il rifacimento di uno esistente», aggiunge.
La discussione ricalca lo storico paradosso della nave di Teseo: se tutte le assi della nave vengono sostituite, rimane la stessa nave? In questo caso sì, secondo i sostenitori del progetto, anche se ci sono alcune assi in più, quelle del prolungamento che arriverà a 100 metri in più di quota, fino a 1.782 metri.
Dopo quattro anni, altri ricorsi e varie marce di protesta, nel febbraio 2025 il Consiglio di Stato ha messo fine al dibattito: la seggiovia non è un nuovo impianto, pertanto sarà costruita senza Via. La nave di Teseo è la stessa nave.
Il dibattito tra investimenti nello sci e tutela dell’ambiente è acceso in più parti d’Europa, come racconta il progetto “When It Stops Snowing” di cui questa serie fa parte.
Sulle Alpi francesi, al contrario del Corno alle Scale, molti progetti legati al turismo invernale sono stati sospesi o bloccati dai tribunali, che hanno accolto i ricorsi dei comitati ambientalisti. Lo racconta Le Monde.
Nel Tirolo austriaco invece, il progetto di espansione dell’area sciistica del ghiacciaio Kaunertal e della centrale idroelettrica minaccia uno degli ultimi ecosistemi alpini intatti. Una rete formata dai club alpini di Austria, Germania e Alto Adige e varie ONG sta lottando contro i lavori nell’area protetta.
Le motivazioni della sentenza citano i pareri favorevoli di due autorità ambientali, la Soprintendenza per il paesaggio e l’Ente parco. Sottolineano inoltre il cambio di parere del comune di Fanano e della provincia di Modena: erano contrari al progetto in fase di screening (la fase di valutazione prima della Via), salvo sostenerlo nell’ultima conferenza dei servizi.
Come mai? «Se devo dire la verità, non me lo ricordo» risponde oggi il sindaco di Fanano Stefano Muzzarelli in merito al suo (ex) parere negativo al progetto. Nel 2021, dichiarava al Resto del Carlino che la Via fosse necessaria.
Per Gian Domenico Tomei, allora presidente della Provincia di Modena, uno dei problemi della seggiovia era la mancanza di adeguati servizi igienici per i turisti che raggiungeranno il Lago. Tomei dichiara a Slow News di aver cambiato voto perché i suoi tecnici avrebbero ricevuto garanzie a riguardo, e non per una «questione politica».
Ad oggi però, non risulta svolto né in programma nessun adeguamento dei servizi del Rifugio Duca degli Abruzzi, l’unica struttura ricettiva vicino al Lago, dotata di due soli bagni (più altri due per i clienti che si fermano la notte). Lo conferma a Slow News il Cai Bologna, che è proprietario del rifugio.
Senza seggiovia, il Lago è raggiungibile solo attraverso più sentieri, in meno di due ore di cammino passando dalla vetta del Monte Cupolino, oppure in circa un’ora dalla zona della Polla. Nonostante questo, è già molto frequentato d’estate, con flussi turistici che mettono sotto pressione il piccolo rifugio.
Il Lago Scaffaiolo e il rifugio Duca degli Abruzzi, nel comprensorio del Corno alle Scale. Riprese aeree di Enrico Partemi.
***
La nuova seggiovia, che ha una capacità di 1.800 persone l’ora, non potrà che aumentare la pressione dei flussi turistici sull’area protetta. Dall’altro lato, renderà il Lago più accessibile, soprattutto in estate a persone anziane o con disabilità fisiche, un tema molto citato dai sostenitori del progetto.
Va però ricordato che la FISH (Federazione Italiana per il superamento dell’Handicap) Emilia-Romagna ha preso posizione pubblica contro il nuovo impianto di risalita, chiedendo che «non vengano strumentalizzate le esigenze di accessibilità delle persone disabili per giustificare un intervento che avrebbe un fortissimo impatto ambientale a fronte di un vantaggio praticamente inesistente».
In ogni caso, il «fortissimo impatto ambientale» denunciato dalla FISH non è tale per la sentenza inappellabile del Consiglio di Stato, che ha dato il via libera ai lavori della seggiovia. Prima dei ricorsi legali però, c’era in politica locale chi aveva cercato un compromesso che andasse incontro anche agli ambientalisti.
Elena Torri, che oggi lavora nel privato in ambito sostenibilità, era sindaca di Lizzano in Belvedere quando il comune si trovò a dover gestire i 5 milioni di euro (poi 7) per costruire la seggiovia.
Su finanziamento della Regione, Torri commissionò un masterplan per individuare il modo migliore per investire il contributo, coinvolgendo diversi tecnici, organi istituzionali e le parti sociali interessate.
«Fu un processo partecipato da tutta la comunità, anche in modo critico. La scelta era di cercare di coinvolgere su quell’investimento tutti, non soltanto coloro che con la neve vivono perché ci lavorano» racconta l’ex sindaca.
Gli incontri pubblici furono molto tesi. In uno di questi, secondo alcuni partecipanti, un gruppo di operatori sciistici si presentò vestito con gilet gialli, come il movimento di protesta francese, e lanciò un sacco di patate sul tavolo dei lavori. La provocazione era: il nuovo impianto va fatto, non possiamo vivere coltivando patate.

In realtà, il masterplan non suggeriva di non fare l’impianto, ma confrontava 4 diversi scenari di costruzione: quello considerato migliore dal punto di vista ambientale ed economico era fare un impianto più piccolo al posto di una sciovia già dismessa (Cupolino) e non smantellare l’attuale seggiovia in funzione (Direttissima).
Questa alternativa si inseriva in una strategia più ampia di razionalizzazione degli impianti di risalita del Corno alle Scale, e avrebbe lasciato budget anche per altri interventi nel comprensorio.
«Non puoi mettere tanti nuovi impianti senza pensare e pianificare a lungo termine, soprattutto in una zona così critica a livello climatico. Se facciamo degli impianti efficienti e gestibili ottimizzando gli investimenti e senza distruggere tutto, ha ancora senso costruire in Appennino, ma così no. Il masterplan guardava a lungo termine», afferma Elia Guidi, figlio dell’ex sindaca Torri e maestro di sci che in quegli anni lavorava al Corno e che seguì le consultazioni dello studio da vicino.
La visione di lungo termine però, è stata ignorata.
Dopo Torri, il successivo sindaco Sergio Polmonari, che ha definito il cambiamento climatico «propaganda» per spopolare la montagna, ha cestinatato lo studio e deciso di smantellare il vecchio impianto Direttissima per costruirne ex novo uno più lungo.
Questa è la versione di progetto in costruzione ora: più gradita agli operatori delle stazioni sciistiche, meno sostenibile secondo il masterplan.
All’inizio del mandato di Polmonari, la consigliera comunale con delega alla stazione sciistica era Clarisse Roda, direttrice di una scuola di sci locale e figlia di Flavio Roda, il presidente della Federazione Italiana Sport Invernali (FISI) e della società che gestisce gli impianti di risalita al Corno, la Corno alle Scale srl.

«Il progetto che verrà realizzato è stato portato avanti da specialisti del settore in stretta collaborazione con tutti gli attori interessati compresa la Regione nella figura fondamentale per noi dell’assessore [regionale al Turismo] Corsini e dei suoi collaboratori» dichiara Clarisse Roda a Slow News.
Corsini però, a inizio 2019 affermava che il masterplan avrebbe individuato «l’ipotesi tecnica più coerente e percorribile» e di conseguenza «la procedura di assegnazione della progettazione dell’impianto». Poi, ha cambiato idea: ha disconosciuto il valore prescrittivo dello studio a causa di «nuove valutazioni tecniche», come si legge dalle risposte alle interrogazioni delle consigliere regionali dei Verdi Silvia Zamboni e Giulia Gibertoni.
Valutazioni di cui, oggi, intervistato da Slow News, non rende conto nel merito. «Il comune ha cambiato il progetto, il Ministero è stato d’accordo e noi non abbiamo avuto nessuna obiezione. Io non facevo il tecnico e quindi mi sono fidato delle valutazioni», dichiara l’ex Assessore.
Non è possibile dire con certezza perché il masterplan sia stato ignorato, perché l’ex assessore Corsini abbia cambiato idea, o perché tanto la provincia di Modena quanto il comune di Fanano abbiano modificato i loro voti a favore della seggiovia.
Quel che è sicuro è che, anche se con anni di ritardo, il progetto ha preso una direzione più in linea con le aspettative degli imprenditori della stazione sciistica.
Tuttavia, il progetto finale potrebbe essere peggiore dell’impianto che va a sostituire, anche per chi lavora con la neve.
Lo sostiene Elia Guidi, che oggi lavora come maestro di sci sul Monte Rosa, e un’altra persona addetta ai lavori al Corno alle Scale, che ha preferito restare anonima.

Il nodo principale è che il nuovo punto di arrivo della seggiovia, a 1.782 metri, raggiunge una zona molto ventosa del Corno. L’area del Lago Scaffaiolo, spiega il meteorologo Luca Lombroso, è infatti una delle più ventose dell’Appennino Settentrionale.
«La particolare orografia del crinale favorisce l’incanalamento dei venti da sud-ovest e, in certe situazioni, anche da nord-ovest, generando un pronunciato effetto di “gap flow”: in pratica, l’aria costretta a passare attraverso valichi e gole accelera bruscamente, creando correnti intense che possono superare i 100 km/h, arrivando anche a 150-200 km/h nelle gole e passi», spiega Lombroso. Nel novembre 2020, la stazione meteo del Passo della Croce Arcana, a 3 km dal Lago, ha registrato una raffica record di 270 km/h, pari al vento di un uragano di massima intensità (Categoria 5 della scala Saffir-Simpson).
«Quando il vento tira a 70/80 km/h sei costretto a chiudere l’impianto» sostiene la fonte anonima di Slow News, secondo cui la nuova seggiovia, a causa del vento, rischia di restare chiusa in inverno più giorni rispetto all’impianto attuale.
Il problema è tecnico e nasce da una questione di budget.
Il primo bando per la costruzione era andato deserto perché le imprese consideravano insufficienti i 7 milioni di euro per i lavori. Così, nel secondo bando, vinto da un’azienda di Torino, è stata proposta la stessa cifra per un impianto più economico, con una tecnologia ad ammorsamento fisso anziché automatico. Si tratta di una tecnologia meno moderna, in cui i sedili restano sempre agganciati e viaggiano a una bassa velocità costante. Questo fa sì che, a differenza dell’ammorsamento automatico, i sedili debbano sempre percorrere l’intero percorso della fune: quindi: se si ferma la stazione a monte della seggiovia a causa del vento, si fermano anche quella di mezzo e quella a valle, rendendo tutte le piste inutilizzabili.
In generale, l’ammorsamento automatico rende più semplice e sicuro per i maestri gestire gli sciatori principianti, perché in questo tipo di impianto la seggiovia rallenta all’arrivo presso le stazioni, facilitando la salita e la discesa.
Il rischio vento era evidenziato anche nel masterplan, che infatti prevedeva una nuova seggiovia più piccola e indipendente dalla vecchia. Ma ormai, mentre i lavori procedono, lo studio e tutte le sue raccomandazioni sono rimasti sulla carta.
Con il supporto di Journalismfund Europe
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In copertina, il Corno alle Scale. Foto di Enrico Partemi
La storia del Corno alle Scale, località sciistica dell’Appennino, è esemplare delle sfide che la crisi climatica pone al turismo invernale.

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