Ep. 7

Wagner salva la Cina

Le esigenze di sicurezza di Pechino e la sfrontatezza russa in Centrafrica.

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“Grande è la confusione sotto al cielo” centrafricano. “La situazione è eccellente”.

Il gruppo Wagner in Repubblica Centrafricana ha avviato una turnazione importante: 500-600 uomini hanno già lasciato Bangui la terza settimana di luglio 2023,  smobilitati da Birao, Sido, Batangafo e altre località e trasferiti con due voli partiti dall’aeroporto Mpoko di Bangui e atterrati a Mosca (e non a Minsk, in Bielorussia). Nonostante le notizie di “crisi” del gruppo, nell’estate 2023 i media europei sembrano aver scambiato una semplice turnazione di personale in una ritirata dall’Africa: in realtà, la cooperazione militare russa in Centrafrica ha ottenuto un risultato storico che apre nuovi scenari nel panorama geopolitico africano e globale, ovvero l’evacuazione di alcune persone di nazionalità cinese da parte degli uomini del gruppo Wagner.

 

I vertici del Wagner in Centrafrica, il capo del centro culturale russo Dimitry Sitiy e l’ex-legionario Vitali Perfilev, attualmente consigliere per la sicurezza del presidente centrafricano, saranno probabilmente rimpatriati ma non è chiaro a fare cosa e non è chiaro il destino delle relazioni con le istituzioni centrafricane, che con un eventuale cambio di partner e di interlocutore hanno paura di restare “scoperte” dal punto di vista della sicurezza.

 

Ma, appunto, “grande è la confusione sotto al cielo” centrafricano: il 5 luglio 2023 sono cominciate a circolare alcune fotografie di un gruppo di cittadini cinesi, non è chiaro se “geologi” o “minatori”, evacuati dai paramilitari della Wagner dopo essersi rifugiati nella foresta nella zona di Dimbi, nel sud del Centrafrica, per un possibile attacco di un gruppo armato ribelle. La richiesta dell’intervento di evacuazione sarebbe arrivata direttamente dall’Ambasciata cinese a Bangui. L’evacuazione, riporta l’account Telegram russo Grey Zone, legato a Wagner, sarebbe avvenuta il 3 luglio quando questo gruppo di persone si è letteralmente dato alla macchia, rifugiandosi nella foresta: la notte tra il 2 e il 3 un piccolo gruppo di Wagner li ha individuati e portati in salvo, un’operazione in notturna in un contesto non semplice, nella quale sono stati anche forniti pasti e assistenza medica ai civili cinesi. Il 4 luglio sono stati tutti portati a Bangui.

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Foto da GreyZone, Telegram

È la prima volta che viene confermata una cooperazione nel campo della sicurezza tra Wagner e la Repubblica popolare. Come scritto dalla sinologa Alessandra Colarizi nel suo libro Africa Rossa, la Cina ha un sistema consolidato nell’affidarsi a milizie locali o appaltatori privati per proteggere le sue aziende e i suoi lavoratori all’estero ma con i tempi che corrono oggi non era per nulla scontato affidarsi al tanto chiacchierato gruppo Wagner. Una società che, in Repubblica Centrafricana, lavora letteralmente con chiunque. Con il governo, che gli ha appaltato la formazione dell’esercito, l’approvvigionamento di armi e mezzi, la sicurezza presidenziale, questo genere di incursioni e, almeno secondo Washington, anche pezzi di diplomazia, con molti dei report che Bangui consegna al Consiglio di sicurezza redatti grazie alle informazioni di Wagner, con i caschi blu della missione MINUSCA, con i quali condivide ad esempio la responsabilità della sicurezza presidenziale, con le missioni diplomatiche di paesi terzi come la Cina, che si rivolge a Wagner per la messa in sicurezza dei propri interessi.

 

Una vicenda, questa della richiesta cinese ai Wagner, che suona ancor più strana perché il 19 marzo nove cittadini cinesi sono stati trucidati da un gruppo di uomini armati poco fuori la capitale Bangui, in un’area in teoria sotto il controllo di Wagner e delle Forze armate locali, appena una settimana dopo un’allerta dell’ambasciata cinese, che intimava ai suoi compatrioti di non lasciare la capitale centrafricana per ragioni di sicurezza. Secondo il governo centrafricano gli autori del massacro sono i ribelli del gruppo CPC i quali, a loro volta, hanno incolpato i russi del gruppo Wagner. Difficilmente la verità su questo eccidio verrà fuori, ma sicuramente c’è un fatto: il gruppo Wagner e la Cina condividono, in Centrafrica, gli stessi interessi economici (l’industria mineraria in particolare), con la differenza che i primi agiscono e prosperano nel caos e nella violenza mentre ai secondi serve stabilità e sicurezza, servigi che attualmente in Centrafrica solo il gruppo Wagner può garantire.

 

Insomma, riprendendo Mao: “Grande è la confusione sotto il cielo. Il momento è eccellente”.

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Ma che fa Pechino?

Per migliorare le misure di sicurezza per le aziende cinesi che investono all’estero, la Repubblica popolare sta intensificando le valutazioni delle minacce regionali e offrendo formazione sulla sicurezza ai lavoratori prima di dispiegarli all’estero. Tuttavia, nonostante gli sforzi di Pechino per rafforzare la sicurezza, i rischi affrontati dai lavoratori cinesi e dagli investimenti nella Belt and Road Initiative, la nuova Via della Seta cinese, stanno aumentando a un ritmo più veloce.

 

Gli investimenti diretti esteri della Cina in Africa sono in costante aumento dal 2003: sono passati da 75 milioni di dollari nel 2003 a 5 miliardi di dollari nel 2021.

 

Il 9 marzo 2023 un gruppo di nove minatori di nazionalità cinese è stato trucidato a Bambari, in Repubblica Centrafricana. La strage ha innervosito molto il sistema cinese nel Paese africano: a Pechino, l’uccisione di tre dirigenti della società pubblica China Railway Construction Corp. al Radisson Blu Hotel di Bamako, nel 2015, è ancora un ricordo vivido, e il recente massacro a sangue freddo di nove minatori cinesi nella Repubblica Centrafricana sta innervosendo i funzionari consolari cinesi.

 

In Centrafrica le indagini ufficiali sulla strage di marzo 2023 puntano su una coalizione armata ribelle. Ma c’è un però, visto che sono numerose le testimonianze, anche oculari, che affermano che nel gruppo d’assalto ai minatori c’erano dei bianchi con le mostrine russe sulle spalle. In tal senso la tecnica russa è consolidata: scatenare la crisi per presentarsi con la soluzione già pronta. Pechino potrebbe presto dover aumentare la propria presenza di sicurezza e negoziare un contratto vero con i mercenari russi.

 

Il salvataggio dei cinesi a Dimbi ne è l’elemento chiave.

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