Ep. 1

L’attacco a sorpresa da Gaza ha terrorizzato gli israeliani. Dovrebbe anche svelare il contesto

Il terrore che noi israeliani, me compreso, stiamo provando in seguito all’assalto è stata la quotidiana realtà di milioni di palestinesi per troppo tempo

Slow News. Il primo progetto italiano di slow journalism.
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Waiting for Gaza

2023. 2009, 2005, 1998: una storia senza tempo.

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Questo articolo è stato pubblicato per la prima volta in inglese il 7 ottobre 2023 su +972 Magazine.

+972 Magazine è una rivista online indipendente e senza scopo di lucro, gestita da un gruppo di giornalistə palestinesə e israelianə

Dal 2010, la sua missione è quella di fornire resoconti approfonditi, analisi e opinioni dal campo in Israele-Palestina. Il nome del sito deriva dal prefisso telefonico del paese che può essere si utilizza per chiamare in Israele-Palestina. I pezzi si leggono gratuitamente e possono essere un anticorpo prezioso contro le semplificazioni, le fazioni, le bandierine.

Traduciamo e pubblichiamo su Slow News il pezzo con l’autorizzazione del direttore Ghousoon Bisharat, che ci raccomanda:

«Includete i dati più aggiornati. Ad oggi, dal momento dell’attacco, risultano circa 600 vittime israeliane, oltre 100 rapimenti e oltre 350 morti palestinesi».

I numeri aumenteranno, ma noi abbiamo bisogno di creare contesto.

La traduzione è a cura di Slow News.

L’immagine di copertina è stata pubblicata da +972 Magazine, con questa didascalia: «Un razzo lanciato da Gaza ha colpito e causato danni nella città israeliana di Ashkelon, il 7 ottobre 2023. (Jamal Awad/Flash90)»

È un giorno terribile

7 ottobre 2023 – È un giorno terribile. Ci siamo svegliati con le sirene d’allarme, sotto un bombardamento di centinaia di razzi lanciati sulle città israeliane e abbiamo appreso dell’assalto senza precedenti da parte dei militanti palestinesi di Gaza contro le città israeliane al confine con la Striscia.

Il terrore assoluto

Le news parlano di almeno 40 israeliani uccisi e centinaia feriti, così come di alcune persone rapite [questo era il numero comunicato ufficialmente al momento della prima pubblicazione dell’articolo. I numeri stanno salendo rapidamente, ndR]. Nel frattempo, l’esercito israeliano ha già iniziato la propria offensiva sulla Striscia di Gaza [sottoposta a blocco terrestre, aereo e marittimo dal 2007, ndR], con truppe che si mobilitano lungo la barriera recintata e attacchi aerei che finora hanno ucciso e ferito decine di palestinesi.

Il terrore assoluto delle persone che vedono militanti armati nelle loro strade e case, jet da combattimento, carri armati in avvicinamento, è inimmaginabile. Gli attacchi ai civili sono crimini di guerra, e i miei pensieri vanno alle vittime e alle loro famiglie.

Non è un attacco unilaterale o non provocato

Contrariamente a quanto affermano molti israeliani, e mentre l’esercito è stato evidentemente colto completamente alla sprovvista da questa invasione, questo non è un attacco “unilaterale” o “non provocato”. Il terrore che gli israeliani – me compreso – provano ora è un assaggio di ciò che i palestinesi provano ogni giorno sotto il regime militare che dura da decenni in Cisgiordania, durante l’assedio e i continui attacchi a Gaza.

 

Il terrore che gli israeliani – me compreso – provano ora è un assaggio di ciò che i palestinesi provano quotidianamente sotto il regime militare che dura da decenni in Cisgiordania, e durante l'assedio e i continui attacchi a Gaza (Haggai Matar)

Le reazioni

Le reazioni che sentiamo da molti israeliani oggi — ci sono persone che chiedono di «radere al suolo Gaza», che dicono che «questi sono selvaggi, non persone con cui si può negoziare», che «stanno uccidendo intere famiglie», che «non c’è possibilità di dialogo con queste persone» — sono esattamente le stesse cose che ho sentito, innumerevoli volte, da parte dei palestinesi nei territori occupati proprio a proposito degli israeliani.

I contesti recenti

L’attacco di questa mattina ha anche contesti più recenti. Uno di questi è l’accordo imminente di normalizzazione dei rapporti tra Arabia Saudita e Israele. Per anni, il Primo Ministro Benjamin Netanyahu ha sostenuto che la pace può essere raggiunta senza negoziare con i palestinesi o né fare loro alcuna concessione.

Gli Accordi di Abraham hanno privato i palestinesi di una delle loro ultime leve negoziali e basi di sostegno: la solidarietà dei governi arabi (che comunque è una solidarietà piuttosto dubbia). L’alta probabilità di perdere il più importante di questi stati arabi potrebbe aver spinto Hamas al limite.

Le escalation recenti

Nel frattempo, da settimane i commentatori mettevano in guardia dalle recenti escalation nei territori occupati della Cisgiordania, spiegando che stavano portando verso strade pericolose. Nell’ultimo anno sono stati uccisi più palestinesi e israeliani che in qualsiasi altro anno dalla Seconda Intifada dei primi anni 2000 in poi.

L’esercito israeliano effettua con regolarità incursioni nelle città palestinesi e nei campi profughi.

Il governo di estrema destra sta dando carta bianca ai coloni per creare nuovi insediamenti illegali e lanciare pogrom su città e villaggi palestinesi, con i soldati che accompagnano i coloni e uccidono o mutilano i palestinesi che cercano di difendere le loro case.

Durante le festività, gli estremisti ebrei sfidano lo “status quo” attorno al Monte del Tempio/Moschea al-Aqsa a Gerusalemme, sostenuti da politici che condividono la loro ideologia.

L'assedio di Gaza e i cicli ricorsivi di guerra e morte

A Gaza, nel frattempo, l’assedio in corso sta distruggendo sistematicamente la vita di oltre due milioni di palestinesi: molti di loro vivono in estrema povertà, con accesso ridotto all’acqua potabile e con l’elettricità che è disponibile più o meno per quattro ore al giorno.

Questo assedio non prevede una fine ufficiale: persino un rapporto dello State Comptroller [una sorte di Corte dei conti, ndR] ha scoperto che il governo non ha mai discusso soluzioni a lungo termine per porre fine al blocco di Gaza, né ha seriamente considerato alcuna alternativa ai cicli ricorsivi di guerra e di morte.

È, letteralmente, l’unica opzione che questo governo, e i suoi predecessori, hanno messo in campo.

Se uccidono qualcuno dei nostri, ne uccideremo di più

Le uniche risposte che i governi israeliani consecutivi hanno offerto al problema degli attacchi palestinesi da Gaza sono state come cerotti: se gli attacchi vengono da terra, costruiremo un muro; se vengono dai tunnel, costruiremo una barriera sotterranea; se lanciano razzi, li intercetteremo; se uccidono qualcuno dei nostri noi ne uccideremo molti di più. E così via, all’infinito.

C'è una ragione

Tutto ciò non serve a giustificare l’uccisione di civili — che è assolutamente sbagliata.

Serve, piuttosto, per ricordarci che c’è una ragione per tutto ciò che sta accadendo oggi, e che — come in tutti i cicli precedenti — non c’è una soluzione militare al problema di Israele con Gaza, né alla resistenza che emerge come risposta naturale all’apartheid violento.

Democrazia ed uguaglianza

Nei mesi recenti, centinaia di migliaia di israeliani hanno manifestato chiedendo “democrazia ed uguaglianza” in tutto il paese; molte persone dichiarano addirittura che rifiuteranno il servizio militare a causa delle tendenze autoritarie di questo governo.

Ciò che questi manifestanti e riservisti devono capire — specialmente oggi, dato che molti di loro hanno annunciato che interromperanno le loro proteste e si uniranno alla guerra con Gaza — è che i palestinesi stanno lottando per queste e altre richieste da decenni. Lo fanno contrapponendosi a un Israele che per loro è già – ed è sempre stato – un interlocutore autoritario.

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