Ep. 3

Governare il turismo: l’esempio dell’Alto Adige

Il tetto ai posti letto per turisti in Alto Adige è parte di una strategia più ampia per promuovere la sostenibilità. Ma potrebbe non bastare.

Ortisei, Alto Adige- Foto: Arno Senoner via Unsplash

Il turismo in Alto Adige è aumentato esponenzialmente negli ultimi quindici anni. Nel 2022 il numero di presenze turistiche (ovvero il numero di pernottamenti) ha superato quello del 2019, toccando quota 34,3 milioni. Troppe, rispetto al numero di residenti: 350mila. Così la provincia autonoma di Bolzano ha deciso di fissare un limite al numero di posti letto disponibili per turisti. 

«Nessuno vuole un Alto Adige senza turismo» spiega Elide Mussner, Assessora al turismo del Comune di Badia nell’omonima valle, una delle zone più attrattive dell’Alto Adige. «Il turismo porta benessere economico e una certa stabilità nel mondo lavorativo. Se fatto bene, il turismo contribuisce all’aumento della qualità della vita locale». Le attività riconducibili al turismo in Alto Adige rappresentano oltre un terzo dei consumi privati e generano una occupazione vicina al 15 per cento del totale provinciale. 

I fattori dietro la crescita del turismo sono molteplici, spiega Mussner. «Uno di questi è la denominazione Unesco delle Dolomiti, diventate ‘patrimonio mondiale dell’umanità’. Questo ha avuto un richiamo internazionale oltre il classico turismo di montagna a cui eravamo abituati». Oggi i turisti internazionali visitano le Dolomiti a prescindere dal periodo dell’anno. «La crescita del turismo è anche il risultato di un ottimo lavoro di marketing fatto negli ultimi decenni», commenta Mussner. «L’agenzia di marketing provinciale ha un budget molto consistente da spendere per la destinazione Alto Adige non solo in termini turistici ma anche economici, come destinazione anche per aziende». Senza dubbio, poi, alla crescita del turismo ha contribuito l’ottima qualità dell’offerta ricettiva e imprenditoriale in questo settore. 

Ma alcune zone hanno raggiunto e forse superato la propria capacità di carico turistico. «Queste zone con un alto tasso di pernottamenti, come quella da cui provengo, la Val Gardena e l’Alta Badia, le chiamiamo ‘roccaforti turistiche’» racconta Mussner. «In alcuni luoghi abbiamo toccato il limite, il punto di rottura nell’equilibrio tra qualità della vita locale e disagi creati dal turismo. Nelle stagioni di picco è davvero difficile muoversi – per esempio per arrivare a lavoro si può impiegare mezz’ora per un tragitto di dieci minuti – o accedere ai servizi primari come il medico di base o il pronto soccorso, perché sovraccaricat». I costi del turismo superano i benefici. 

Il problema della casa

«Abbiamo valori immobiliari paragonabili alle grandi città europee, a Londra, Parigi, Vienna. A San Cassiano, dove abito io, un metro quadro si vende anche a 13mila euro» racconta Mussner (la cifra, come racconta questo articolo de Il Giornale Trentino, è per le seconde case, ndr). L’aumento dei valori immobiliari delle case può essere un vantaggio per chi le possiede e le vuole vendere, ma è un ostacolo per chi vorrebbe abitarle. Nel 2018 la giunta provinciale di Bolzano ha approvato una legge, entrata in vigore a gennaio 2020, per contenere il fenomeno delle seconde case in aree dolomitiche a forte vocazione turistica come l’alta val Pusteria, la val Badia e la val Gardena. Un fenomeno che, si legge sul sito della Provincia, «rende alquanto difficoltoso ai cittadini residenti l’accesso ad un’abitazione a prezzo accessibile».

Alto Adige - Foto: Arno Senoner via Unsplash
Alto Adige - Foto: Arno Senoner via Unsplash
Alto Adige - Foto: Arno Senoner via Unsplash
Alto Adige - Foto: Arno Senoner via Unsplash

Un rilevamento effettuato dal Consorzio dei Comuni ha infatti confermato una relazione tra la presenza di seconde case e gli alti costi delle abitazioni. Così la norma ha previsto che dove le seconde case superano il 10 per cento, tutte le abitazioni nuove o trasformate devono essere riservate a persone residenti da almeno cinque anni nella provincia di Bolzano, o che vi lavorano. La legge è in vigore in 25 comuni e 26 frazioni dell’Alto Adige, dove la classificazione di zone urbanistiche distingue tra zone residenziali e zone per strutture turistiche, anche se in molti comuni il maggior numero di posti letto turistici si trova non nelle zone per strutture turistiche, ma nelle zone residenziali.

«Con questa misura si voleva tutelare i residenti, ma non ci si è riusciti molto bene, perché i prezzi sono altissimi anche per le case convenzionate riservate ai residenti» spiega Mussner. «Attualmente a Badia abbiamo due lotti per edilizia agevolata da assegnare e la spesa per un tale investimento arriva a un prezzo di 800mila euro. Insomma di ‘agevolato’ c’è poco: una famiglia con due lavoratori dipendenti non può permettersi questo costo».
Il nuovo regolamento sulle locazioni turistiche approvato a settembre 2022 dalla Provincia autonomia di Bolzano è un altro tassello di un piano per tutelare la residenzialità. Prevede la registrazione di tutti i posti letto turistici esistenti entro la fine di giugno 2023. Il censimento, infatti, mira a far emergere la reale disponibilità alloggi per turisti, per poter stabilire un tetto massimo. «Ci sono discrepanze tra le licenze e il numero reale di posti, che ancora non si conosce», spiega Mussner. «Per esempio, se in una camera doppia aggiungo un divano letto, questi posti non compaiono. Quindi il primo passo è rilevare tutti i letti; il risultato dovrà essere il tetto massimo».

Dati, politiche, sostenibilità

Il regolamento è parte di un disegno complessivo di pianificazione del turismo, il Programma provinciale per lo sviluppo del turismo (PPST 2030+). Un rapporto, redatto dal Center for Advanced Studies – Eurac Research e da altri enti di ricerca internazionali ha fornito la base scientifica per il Programma provinciale, attraverso un’analisi dettagliata della situazione del turismo in Alto Adige. Un ruolo importante lo ha avuto in questa fase l’Osservatorio per il turismo sostenibile in Alto Adige creato nel 2018 da Eurac Research, un istituto di ricerca privato che collabora con enti pubblici nazionali e internazionali . L’Osservatorio, unico del suo genere in Italia, appartiene alla Rete internazionale di osservatori per il turismo sostenibile (Insto) dell’Organizzazione mondiale del turismo della Nazioni Unite (UNWTO). Anche attraverso collaborazioni intersettoriali, l’Osservatorio svolge attività di monitoraggio, valutazione e divulgazione degli sviluppi del turismo in Alto Adige.

L’obiettivo dell’Osservatorio è orientare le politiche per promuovere uno sviluppo sostenibile, spiega Harald Pechlaner, direttore scientifico di Eurac Research. «L’idea è trovare dati per produrre ricerche empiriche, perché è sulla base dell’elaborazione di questi dati che si possono prendere decisioni strategiche. La carenza che spesso si nota nella regia politica a livello provinciale, locale e regionale, riguarda i dati su cui basare le decisioni: in quale direzione puntare, con quali argomenti, dove investire energie. Non è facile trovare una risposta chiara se non si hanno dati».

Alto Adige - Foto: Arno Senoner via Unsplash
Alto Adige - Foto: Arno Senoner via Unsplash
Alto Adige - Foto: Arno Senoner via Unsplash
Alto Adige - Foto: Arno Senoner via Unsplash

Per la redazione del Programma strategico sul turismo l’Osservatorio ha creato una formula basata sull’elaborazione di dati, il Tourism Exposure Index (Indice di esposizione turistica) «un set di indicatori che possono essere usati per prendere decisioni a livello comunale». L’indice permette infatti di classificare il grado di ‘turisticità’ dei comuni in base a valori come la densità di posti letto (il numero di posti letto in relazione alla superficie del comune), e dell’intensità turistica (numero di pernottamenti annuali in relazione al numero di abitanti). Gli altri indicatori sono la struttura economica dei comuni (quindi per esempio la quota di impiegati nei settori di alloggio e ristorazione, e la distribuzione delle imprese nei vari settori economici), i posti letto per zona urbanistica, il tasso medio di occupazione lorda dei posti letto, la dimensione media delle strutture ricettive, il rapporto dei posti letto nelle strutture alberghiere e non, la velocità relativa di sviluppo dei comuni e il numero di alloggi prenotabili su Airbnb.

Sulla base del Tourism Exposure è stata prima stilata una classifica dei comuni più turistici e, successivamente, i comuni sono stati classificati in tre categorie: a basso, medio e alto sviluppo turistico. Questa classificazione è alla base del Programma provinciale per il turismo: «c’è quindi un legame abbastanza forte tra ricerca e politiche strategiche», commenta Pechlaner.

L’Osservatorio ha prodotto anche un secondo indice, contenuto nel Programma, l’Indice di sensibilità per lo sviluppo turistico, per registrare la sensibilità e le suscettibilità di una comunità locale nei confronti dello sviluppo del turismo e per rispondere alla domanda ‘con quanta cautela devono essere valutati i nuovi progetti di sviluppo turistico per non compromettere uno sviluppo socialmente sostenibile e condiviso a livello locale?’. Infatti, si legge nello studio, «uno sguardo alla sensibilità delle comunità locali permette di soppesare gli impatti positivi e negativi (del turismo), di reagire in modo flessibile al cambiamento delle condizioni, ed è anche un potente strumento per fermare eventuali eccessi». L’indice, insomma, mira a massimizzare la qualità della vita dei residenti – e di conseguenza giova anche all’esperienza dei turisti.

Territorio, equilibrio, varietà

L’eccesso di turismo rappresenta una minaccia anche per l’ambiente naturale dell’Alto Adige. Anche qui, come altrove, esistono conflitti sull’uso e sfruttamento eccessivo delle risorse, scollegate dal territorio. «L’enorme volume di traffico, una progressiva frammentazione del paesaggio, una crescente cementificazione causata dalle vie di comunicazione, dalle aree urbane e dalle aree industriali, un’agricoltura in parte estremamente intensiva, un’offerta turistica ad alta intensità energetica e idrica», sono alcune delle questioni che minacciano la sostenibilità ambientale e che la regione intende affrontare anche attraverso le risorse destinate alle politiche di coesione territoriale nella Provincia di Bolzano. In Italia fondi europei per la politica di coesione, il Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) e il Fondo sociale europeo (FSE, oggi FSE+), finanziano anche il turismo in tre ambiti tematici diversi: natura, cultura e turismo.

Alto Adige - Foto: Arno Senoner via Unsplash
Alto Adige - Foto: Arno Senoner via Unsplash
Alto Adige - Foto: Arno Senoner via Unsplash
Alto Adige - Foto: Arno Senoner via Unsplash

La visione che ispira il Programma provinciale per il turismo in Alto Adige è riassunta nel titolo: ‘Ambizioni di sviluppo territoriale in Alto Adige Verso una nuova cultura del turismo’. Il focus è insomma sul territorio, prima che sul turismo. «L’ambito territoriale dev’essere la base di partenza per uno sviluppo turistico sostenibile» spiega Pechlaner. «A livello mondiale l’overtourism è diventato un problema perché il turismo di massa si è ‘staccato’ dal territorio, dall’unicità del territorio e dalla necessità di rispettare le esigenze delle persone che vi abitano», prosegue il direttore. «Certamente si è sempre mirato al rispetto del territorio, ma d’ora in avanti questo dev’essere imperativo». C’è insomma uno sguardo complessivo e non settoriale del turismo, capace di generare politiche integrate, in linea con la funzione trasversale del turismo.

L’intersettorialità delle politiche territoriali emerge anche nel Documento di base per l’investimento dei fondi strutturali europei, che delinea la Strategia di sviluppo regionale 2021-2027. Uno dei campi d’azione individuati è infatti quello dell’integrazione tra turismo e agricoltura, puntando su un commercio locale e su una produzione naturale, anche per preservare il valore del paesaggio culturale, che a sua volta è turisticamente attrattivo. L’attenzione al nesso tra agricoltura e turismo è  interessante perché in assenza di politiche il turismo tende a sostituire l’agricoltura e a specializzare l’economia in un unico settore – non a caso si parla spesso di ‘monocultura’ turistica. Ed è proprio questo nesso che può generare una filiera turistica che fa bene al territorio, restituendo valore e non solo estraendolo.

«Storicamente il turismo in Alto Adige deriva dall’agricoltura, era parte di questo settore. Oggi molti alberghi sono gestiti da una seconda generazione di famiglie che lavorano nell’agricoltura. Quindi c’è un legame forte tra i due settori, infatti anche la legge sull’agricoltura prevede una pianificazione integrata con il turismo» racconta Pechlaner.

Se nel resto d’Italia il dibattito sui danni creati dal troppo turismo si riduce spesso a una vuota invocazione di un turismo ‘di qualità’ con cui in verità si intende ‘di lusso’, il Programma dell’Alto Adige punta invece sulla ‘varietà’ dell’offerta. «Il successo del turismo in Alto Adige dipende dal bilanciamento che c’è tra i vari settori del turismo e tra le varie forme di turismo, dall’agriturismo all’albergo a quattro stelle», spiega Pechlaner. «L’equilibrio è già sostenibilità. Se questo diventa un disequilibrio, allora si perde la sostenibilità». L’uso di dati ed evidenze empiriche per andare oltre la retorica della qualità, per provare a capire come gestire il turismo senza renderlo esclusivo, può essere una strada per non escludere le fasce di popolazione meno abbienti dall’accesso al territorio.

Un primo passo

Per far fronte alle sfide come l’overtourism e le sue conseguenze su ambiente e società, il Programma provinciale per il turismo provinciale si articola in quattro fasi: l’analisi della situazione attuale del turismo in Alto Adige; lo scenario target per il futuro del turismo tra dieci anni sulla base di otto dimensioni considerate; un’analisi dello sviluppo turistico dei comuni, con particolare riferimento alla pianificazione territoriale, anche grazie agli indici realizzati dall’Osservatorio; le misure di intervento a livello provinciale (come il tetto massimo del numero di posti letto turistici) e comunale.

Il Programma presta attenzione a fenomeni che riguardano la dimensione delle imprese turistiche e la tendenza delle piccole attività, spesso a conduzione familiare, a sparire, e delle grandi a espandersi sempre di più, un fenomeno definito come “resortizzazione”, ovvero lo sviluppo di grandi imprese scollegate dalle reti economiche e dei servizi locali. «Bisogna contrastare questa tendenza con politiche di sostenibilità che sono legate alla pianificazione territoriale. Il turismo dev’essere basato sulle esigenze della popolazione. I grandi resort turistici sono spazi chiusi, vi si entra e si resta all’interno, si esce per un’escursione, ma si rimane in un’isola ‘isolata’ appunto, si perde il contatto con il territorio e la motivazione ad avere un incontro con la popolazione», puntualizza Pechlaner.

Alto Adige - Foto: Arno Senoner via Unsplash
Alto Adige - Foto: Arno Senoner via Unsplash

Il tetto dei posti letto turisti è dunque parte di un piano articolato; è un primo passo nella costruzione di uno scenario futuro di sostenibilità. Ma potrebbe non bastare. La critica più diffusa alla norma, spiega Mussner, riguarda il fatto che il numero finale di posti letto, che sarà di fatto il tetto, sarà più alto di quello ufficiale attuale perché saranno censiti i letti finora non rilevati. Se l’attività di un’azienda viene interrotta, i posti letto di nuovo disponibili torneranno per il 95 per cento nella disponibilità dei comuni, che potrà riassegnare i posti, e per il 5 per cento in una quota provinciale di posti.

Sarà inoltre possibile realizzare ulteriori 8mila posti letto nei prossimi dieci anni. Si tratta di un ‘anticipo di posti’, di cui 7mila per la quota comunale e mille per quella provinciale, anche per compensare eventuali future chiusure. Mussner evidenzia i problemi di questa previsione: «ci sarà un effetto boomerang perché nei prossimi anni i letti aumenteranno. Immagino che nel tempo la situazione si stabilizzerà, ma nell’immediato questo non si prevede». Infine, secondo l’Assessora su questo c’è ancora poca chiarezza: «si tratta di 7mila letti che i comuni possono distribuire a livello locale, ma i parametri secondo i quali va fatta questa distribuzione non sono ben chiari». Il Comune di Badia ha deciso di non aumentare i posti letto turistici e di non assegnare più alcuna zona turistica all’interno del territorio comunale. «Abbiamo 10mila letti e non li aumenteremo. Al momento è l’unico strumento effettivo che abbiamo per contribuire ad uno sviluppo sano».

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