Una sera, l’ennesima in cui il padre operaio era tornato a casa ubriaco pronto a picchiare la madre casalinga, Sergio decise di reagire. Aveva solo 14 anni, ma lanciò una caffettiera contro l’uomo, lasciandolo a terra quasi svenuto, col naso rotto.
Arrabbiato, diede a sua mamma gli ultimi soldi che gli erano rimasti da qualche lavoretto illegale fatto in giro per gli ippodromi di Roma e se ne andò. Partì alla volta di Milano dove, per sopravvivere, riprese a fare l’unico mestiere che aveva imparato: truccare le corse dei cavalli, questa volta all’ippodromo di San Siro.
Tra una rissa e l’altra, Sergio si arricchì grazie a un lavoro da dipendente in una scuderia e, soprattutto, al malaffare. Aveva case, auto, beni di lusso e, a un certo punto, anche una moglie e un figlio. Poi, a fine anni Novanta, i suoi affari illegali furono scoperti, lui si diede alla latitanza, ma venne arrestato prima che potesse fuggire in Svizzera.