Ep. 3

Ucraina: un nuovo modello d’accoglienza?

A oltre un anno e mezzo dall’inizio della guerra, un’analisi di come le persone le persone in fuga dall’invasione russa sono state accolte dagli stati europei

Rifugiati ucraini in attesa dei loro prossimi passi dopo l'arrivo alla stazione centrale di Berlino - Foto: Unione Europea

Il 24 febbraio 2022, con l’inizio dell’invasione russa in Ucraina, l’Europa si è trovata a far fronte non solo al conflitto scoppiato alle sue porte, ma anche a uno straordinario afflusso di profughi in fuga. Per la maggior parte donne, anziani e bambini (agli uomini sopra i 18 anni è vietato uscire dall’Ucraina) costretti a scappare verso i confini di Polonia, Romania, Ungheria, Moldavia. Da subito gli stati membri dell’Unione europea hanno trovato un accordo per gestire l’arrivo di milioni di cittadini ucraini alle frontiere, decidendo misure straordinarie di accoglienza e protezione, mettendo a disposizione personale specializzato, stanziando fondi aggiuntivi e cambiando destinazione ad altri. A oltre un anno e mezzo di distanza, è possibile tracciare un bilancio di questo nuovo modello, mai applicato prima, analizzando punti di forza e criticità.

Quanti rifugiati ucraini sono stati accolti in Italia e in Europa dall'inizio del conflitto?

Dall’inizio dell’invasione russa in Ucraina, il 24 febbraio 2022, il flusso di rifugiati in fuga verso i paesi europei è stato in costante ascesa. Secondo l’Alto commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr) al 25 aprile 2023 la stima delle persone che hanno attraversato i confini è di 8.174.779. Tra questi i rifugiati ucraini che hanno chiesto la protezione temporanea in Ue sono 5.047.700. L’Unhcr precisa però che si tratta di una stima, nel conteggio potrebbero essere incluse anche registrazioni multiple della stessa persona in due o più paesi Ue; registrazioni incomplete o registrazioni di rifugiati che si sono trasferiti poi al di fuori dell’Europa.

Il centro di accoglienza Hala Kijowska per i rifugiati ucraini a Młyny, in Polonia - Foto: Unione Europea
Il centro di accoglienza Hala Kijowska per i rifugiati ucraini a Młyny, in Polonia - Foto: Unione Europea

Tra i paesi europei che hanno accolto il maggior numero di persone spicca la Polonia con la cifra record di 1.583.000, seguono la Germania (922.657) e la Repubblica Ceca (504.107). In Italia fino ai primi quattro mesi del 2023 sono stati registrati 173.813 rifugiati ucraini. Secondo i dati della Protezione civile italiana nella maggior parte dei casi si tratta di donne (92.413) e minori (49.456). Gli uomini adulti sono31.944.

Che tipo di protezione hanno ricevuto e perché costituisce un “unicuum”?

Per i profughi ucraini, per la prima volta, è stata applicata  la direttiva 55/2001 (recepita in Italia con il decreto legislativo 7 aprile 2003, n. 85) sulle norme minime per la concessione della protezione temporanea in caso di afflusso massiccio di sfollati. Si è trattato di una decisione storica e unica, che segna un precedente importante per la protezione di chi scappa da una zona di conflitto: la direttiva, infatti, era stata elaborata all’indomani della guerra del Kosovo ma negli ultimi vent’anni non era mai entrata in vigore, nonostante fosse stata evocata spesso in passato, per casi come la Siria o l’Afghanistan.

Nella pratica, ha permesso di dare una protezione immediata e temporanea alle persone in fuga. La procedura eccezionale consente infatti di ovviare alle lungaggini burocratiche del sistema d’asilo. L’obiettivo è alleviare la pressione sui sistemi nazionali di protezione e consentire agli sfollati di godere di diritti armonizzati in tutta l’Ue. Tra questi diritti rientrano il soggiorno, l’accesso al mercato del lavoro e agli alloggi, l’assistenza medica e l’accesso all’istruzione per i minori.

L’applicazione della direttiva è stata decisa il 4 marzo 2022, quando il Consiglio dell’Ue giustizia affari interni ha approvato, su proposta della Commissione europea, la decisione di esecuzione (UE) 2022/382 che accertava l’esistenza di un afflusso massiccio di sfollati dall’Ucraina. La tutela è stata accordata in tutti gli Stati membri. La decisione ha previsto la possibilità per i cittadini dell’Ucraina e loro familiari in fuga dal Paese di risiedere e muoversi nel territorio dell’Unione europea e di essere accolti.

Una madre ucraina e i suoi due figli a scuola a Varese, in Italia - Foto: Unione Europea
Una madre ucraina e i suoi due figli a scuola a Varese, in Italia - Foto: Unione Europea

Nel concreto, la protezione temporanea è stata applicata alle persone sfollate dall’Ucraina a partire dal 24 febbraio 2022 incluso. E, in particolare, ai cittadini ucraini residenti nel paese prima del 24 febbraio 2022; agli apolidi e cittadini di paesi terzi, che beneficiavano di protezione internazionale o di protezione nazionale equivalente in Ucraina prima del 24 febbraio 2022 e ai familiari delle predette categorie di persone. Sono stati esclusi gli stranieri temporaneamente residenti nel paese, come per esempio gli studenti universitari o i lavoratori stagionali. La protezione temporanea, inizialmente prevista per un anno, è già stata prorogata fino al marzo 2024 e può essere ulteriormente prorogata fino al 2025.

Come è stata organizzata l'accoglienza in Italia?

Per far fronte agli arrivi dall’Ucraina l’Italia ha decretato lo stato di emergenza e deciso di affidare la sua gestione al Dipartimento della Protezione Civile, che ha predisposto un Piano per l’accoglienza e l’assistenza dei profughi. Il sistema prevede diverse forme di supporto tra loro complementari, che integrano quanto ordinariamente previsto per richiedenti asilo e rifugiati. I cittadini ucraini sono stati infatti accolti in parte negli alberghi, nelle strutture Cas (centri di accoglienza straordinaria) gestiti dalle prefetture e nel Sai (Sistema di accoglienza e integrazione), costituito dalla rete degli enti locali con il supporto delle realtà del terzo settore, ulteriormente potenziata, con 8.000 posti aggiuntivi.

Rifugiati ucraini in coda davanti al centro di registrazione dell'Ufficio Immigrazione a Bruxelles, in Belgio - Foto: Unione Europea
Rifugiati ucraini in coda davanti al centro di registrazione dell'Ufficio Immigrazione a Bruxelles, in Belgio - Foto: Unione Europea

All’accoglienza ordinaria di Cas e Sai è stata affiancata la cosiddetta “accoglienza diffusa”. Con il Decreto-legge n. 21 del 21 marzo 2022 sono state, infatti, individuate ulteriori modalità di accoglienza da realizzare attraverso il supporto dei Comuni, dei soggetti del terzo settore e del privato sociale. L’11 aprile 2022 è stato pubblicato un bando per individuare le strutture idonee a fornire i servizi di assistenza e tra queste è stata prevista per la prima volta anche la coabitazione presso famiglie. L’avviso pubblico prevedeva 15mila posti. Successivamente, il Decreto-legge n. 50 del 17 maggio 2022 ha previsto la possibilità di incrementare le disponibilità di altre forme di accoglienza diffusa per ulteriori 15mila posti. Alla fine hanno avuto esito positivo 29 manifestazioni di interesse, per un totale di 17.012 posti offerti.

Accanto al potenziamento delle strutture è stato anche pensato un contributo di sostentamento per i profughi che hanno trovato una sistemazione autonomamente, cioè al di fuori del sistema di accoglienza, ospitati da parenti e conoscenti, o prendendo in affitto un’abitazione. La somma prevista è stata di 300 euro mensili, a cui si aggiungono 150 euro nel caso della presenza nel nucleo familiare di un minore.

Quanto ai numeri effettivi dell’accoglienza in Italia, a fronte di un numero alto di persone che hanno varcato la frontiera con il nostro paese ( oltre 173mila circa) solo il 10 per cento ha chiesto di essere ospitato nelle strutture di accoglienza italiane. Stando ai dati del ministero dell’Interno, a marzo 2023, su 173.456  ucraini in Italia, 11.755 sono ospitati nei Cas e 2.121 nei centri Sai. La maggior parte dei profughi si è appoggiata presso la rete di conoscenti e familiari già presenti nel nostro paese. Alcuni, dopo i primi mesi, hanno fatto ritorno in Ucraina, nelle zone meno colpite dal conflitto. Stabilire quanti siano con precisione però è difficile, dal momento che i cittadini ucraini possono muoversi liberamente.

Quali fondi sono stati investiti?

Subito dopo l’inizio del conflitto in Ucraina la Commissione europea ha adottato misure immediate a sostegno degli Stati membri per supportarli nell’accoglienza dei profughi in fuga. Innanzitutto, la Commissione ha stanziato oltre 3,5 miliardi di euro di pagamenti anticipati agli Stati europei per l’assistenza (REACT-EU).  In maniera altrettanto repentina il Consiglio dell’Unione Europea ha adottato modifiche legislative per consentire di reindirizzare le risorse provenienti dai fondi della politica di coesione e dal fondo di aiuti europei agli indigenti (Fead) per aiutare i rifugiati ucraini.

Una volontaria offre un caffè ai rifugiati ucraini in coda davanti al centro di registrazione dell'Ufficio Immigrazione di Bruxelles, in Belgio - Foto: Unione Europea
Una volontaria offre un caffè ai rifugiati ucraini in coda davanti al centro di registrazione dell'Ufficio Immigrazione di Bruxelles, in Belgio - Foto: Unione Europea

Su proposta della Commissione, gli Stati membri hanno avuto, infatti, la possibilità di utilizzare i fondi rimanenti dei fondi di coesione del periodo di programmazione 2014-2020 per fornire il sostegno di emergenza. Il Consiglio ha inoltre adottato una modifica dei fondi per gli affari interni per il periodo 2014-2020 e del Fondo Asilo, migrazione e integrazione per il periodo 2021-2027, per fornire risorse supplementari ai profughi ucraini. In totale l’Unione europea ha fornito finanziamenti aggiuntivi per un totale di 13,6 miliardi di euro nell’ambito dei pacchetti CARE e FAST-CARE, un miliardo di euro è stato riprogrammato nell’ambito dei fondi di coesione e 400 milioni di euro sono stati messi a disposizione nell’ambito dei fondi per gli affari interni.

All’aiuto finanziario si è affiancato un supporto operativo: 200 membri del personale di Frontex sono stati impiegati nella gestione delle frontiere. Europol ha inoltre inviato personale e agenti distaccati per effettuare controlli di sicurezza secondari in cinque Stati membri e in Moldova.

Per quanto riguarda l’Italia, secondo una ricostruzione del quotidiano Il Sole 24 ore, dal 24 febbraio 20220 il nostro paese  ha speso o ha impegnato 754 milioni di euro per l’accoglienza dei profughi ucraini. «Sono serviti per l’assistenza sanitaria, l’ospitalità negli alberghi, il contributo di sostentamento per chi ha trovato una sistemazione autonoma, le spese dei Comuni per i servizi sociali, i minori non accompagnati, l’accoglienza nei Cas (centri di accoglienza straordinaria) e l’accoglienza diffusa tramite gli enti del Terzo settore» spiega il giornale finanziario.

Perché si parla di doppio standard rispetto agli altri rifugiati?

L’applicazione della direttiva 55/2001, per la prima volta nella storia europea, ha determinato un trattamento diverso per i cittadini ucraini in fuga dal conflitto nel paese rispetto ai profughi e richiedenti asilo di nazionalità diverse in cerca di protezione in Europa. Per questo esperti e studiosi non hanno esitato a parlare di un doppio standard di accoglienza e protezione e della creazione di rifugiati di serie A e di serie B.

Un agente di polizia portoghese, rappresentante dell'agenzia Frontex, durante un pattugliamento a bordo dell'isola greca di Lesbo. - Foto: Unione Europea
Un agente di polizia portoghese, rappresentante dell'agenzia Frontex, durante un pattugliamento a bordo dell'isola greca di Lesbo. - Foto: Unione Europea

I rifugiati ucraini sono stati accolti, grazie un modello straordinario di protezione immediata, che ha consentito anche una libertà di movimento all’interno dell’Ue. Per altre persone in fuga, invece, le frontiere dell’Unione Europea sono rimaste sigillate.  Per esempio, per i numerosi cittadini afgani in fuga dalle persecuzioni del regime dei talebani. Non solo, nella stessa applicazione della direttiva 55/2001 si è deciso di fare distinzione tra le persone in fuga: sono state ammessi alla protezione temporanea, infatti, solo i cittadini ucraini, gli stranieri che in Ucraina avevano un permesso di soggiorno di lungo periodo e i titolari di protezione internazionale. Sono stati esclusi i cittadini di paesi terzi che avevano un permesso di breve periodo, come i lavoratori stagionali o gli studenti. Un trattamento così selettivo che ha fatto alzare la voce a diverse organizzazioni umanitarie impegnate nella tutela dei diritti delle persone straniere.

Come viene finanziata l’accoglienza di richiedenti asilo e rifugiati in Italia?

Il sistema di accoglienza in Italia è articolato su due livelli. Dopo lo sbarco i migranti vengono dapprima ospitati presso gli hotspot – dove viene effettuata l’identificazione, il fotosegnalamento e vengono effettuati i primissimi  interventi di assistenza materiale e sanitaria. Subito dopo, le persone vengono trasferite nelle strutture attivate dalle Prefetture sull’intero territorio nazionale, chiamate Cas (centri per l’accoglienza straordinaria).  La seconda accoglienza è invece assicurata nel Sai (Sistema di accoglienza e integrazione, ex Siproimi ed ex Sprar) una rete di strutture attivate mediante progetti realizzati dagli enti locali. I progetti di accoglienza vengono finanziati  con le risorse messe a disposizione dal Ministero dell’interno attraverso il Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell’asilo.

Queste risorse provengono in parte da fondi europei, tra cui quelli del Fondo asilo  migrazione e integrazione (Fami), che nel periodo 2021-2027 destina all’Italia oltre mezzo miliardo di euro (512 milioni 623 mila euro). Una parte di queste risorse fanno parte del  “Sistema Comune Europeo di Asilo (CEAS)”  e hanno tra gli obiettivi quello di garantire la corretta informazione per i migranti dopo la fase di identificazione; il miglioramento della performance della commissione nazionale Asilo (CNA) e delle commissioni territoriali (CCTT); l’incremento della capacità di primissima accoglienza dei fenomeni legati alla tratta di esseri umani, il potenziamento dei servizi a favore dei minori non accompagnati.

Parte delle risorse è poi dedicata alla “migrazione legale e all’integrazione” e prevede stanziamenti per formazione linguistica, istruzione, prevenzione del lavoro sommerso e progetti di inclusione. Infine, una dotazione dei fondi è destinata alle operazioni di rimpatrio forzato, alla formazione del personale coinvolto nelle attività di frontiera e ad azioni per realizzare misure di rimpatrio volontario assistito.

Ci sono, a livello europeo ed italiano, elementi dell’accoglienza Ucraina che possono essere replicati o applicati all’intero sistema di accoglienza?

Secondo diversi esperti quello attivato per la prima volta per i profughi ucraini è un modello di accoglienza nuovo e replicabile per affrontare il fenomeno migratorio. Come sottolinea un dossier del Centro studi e ricerche Idos, in collaborazione con Confronti e l’istituto studi politici S.Pio V,  le novità sono state tante: «ai profughi dall’Ucraina è stato riconosciuto fin da subito il diritto di scegliere la città (o il Paese europeo) in cui fermarsi, cercare un lavoro, affittare un alloggio, iscrivere i figli a scuola, accedere al Sistema sanitario nazionale e ricevere cure e vaccinazioni: un passo avanti di grande rilievo nell’accesso ai diritti sociali e che andrebbe esteso a tutti i profughi e richiedenti asilo, nell’interesse non solo loro ma di tutta la società», si legge nel rapporto.

Rifugiati nel centro di accoglienza per rifugiati ucraini della stazione ferroviaria di Przemyśl, in Polonia - Foto: Unione Europea
Rifugiati nel centro di accoglienza per rifugiati ucraini della stazione ferroviaria di Przemyśl, in Polonia - Foto: Unione Europea

Non solo, ma per la prima volta l’accoglienza domestica (o in famiglia) è entrata a far parte della programmazione ordinaria. Infine, i profughi ucraini sono stati autorizzati a cercare sistemazioni autonome, ricevendo direttamente un contributo monetario. Tutti elementi che hanno contribuito a non gravare sul sistema ordinario di accoglienza. Per questo le organizzazioni che si occupano di tutela dei diritti dei migranti hanno chiesto più volte di fare tesoro di questa esperienza e provare a replicare il modello per tutti i richiedenti asilo.

Non sono mancate, però, anche le criticità. In particolare, l’eccessiva burocrazia non ha permesso di attivare in tempi celeri alcuni dei progetti che erano stati approvati. Tra questi anche le accoglienze presso le famiglie italiane. «Per non disperdere le ottime innovazioni introdotte dall’Italia, urge snellire quanto più possibile le procedure di attuazione del piano di accoglienza e mettere a sistema il modello sperimentato con gli ucraini – spiega ancora Idos – estendendo il trattamento finora riservato solo a loro a tutte le persone che arrivano in cerca di protezione da conflitti e pericoli concreti per la loro sopravvivenza».

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