Il mistero si infittisce
La scena del crimine è più affollata di quel che sembra e forse il quadro è più complicato di quel che pensiamo.
Le librerie indipendenti sono in crisi, lo si sente dire da tanto. Ma chi le sta uccidendo?
La crisi delle librerie indipendenti è veramente tutta colpa di Amazon?
Qualche volta, quando il quartiere dove sorgeva è appetibile e affollato, la scomparsa di una libreria è una cosa veloce, e in qualche modo fa meno male. Le insegne spariscono entro le prime due settimane ed entro altre due i locali, fino al mese prima occupati da migliaia di volumi, hanno già cambiato completamente faccia, trasformandosi in attività più lucrative: un ristorante, un bar, un negozio di CBD, qualche estemporaneo Temporary Shop, o, al peggio, uno di quei non luoghi automatici che offrono bevande al gusto di tè 24/7 e che alla lunga vanno a finire a far le veci di ciò che nei paesi più progrediti del nostro chiamano “stanze del buco”.
Altre volte, il cadavere della libreria si decompone più lentamente, perde pezzi poco alla volta, come il corpo di un ladrone esposto in una piazza medievale alla pubblica gogna. I giornali appesi alle vetrine invecchiano e si ingialliscono. L’insegna ribaltata diventa opaca come dagherrotipi dei tempi del West. Se si trattava di una libreria storica e ben radicata in un quartiere il cui tessuto sociale era ancora forte, nei primi tempi in molti si fermeranno davanti, come si fa con le tombe di chi ha la fortuna di lasciarsi dietro abbastanza gente che gli ha voluto bene, in altri casi, in altri quartieri più gentrificati o turistici, quelli in cui la clientela si è estinta prima ancora della libreria, al più le occhiate che le vetrine ormai spoglie riceveranno saranno quelle stranite dei turisti, che chissà cosa penseranno.
L’ultima vittima in ordine di tempo si chiamava Libreria Paravia, si trovava a Torino da più di 200 anni e lo scalpore che ha fatto, a cui sono seguiti i titoli dei giornali e una scia di dolore e lutto pubblico, anzi social, degno di un maestoso funerale, lo si deve soprattutto al fatto che potesse vantare di essere la seconda libreria più antica d’Italia. Fondata nel 1802, la prima della città, scrive il Corriere, la libreria torinese, rilevata da Pippo Calarco nel 1979, è arrivata fino a Sonia e Nadia, le due sorelle figlie di Luigi, che l’hanno gestita con amore dal 2011 fino al 28 dicembre del 2019, l’ultimo giorno di apertura al pubblico.
Su Google Map la lapide è già eretta, con una scritta rossa che non lascia scampo — Chiuso definitivamente — e la foto del volto sorridente della vittima, in tutto lo splendore delle sue sei vetrine. Come capita per i morti, quella foto rappresenta la libreria quando era viva e vegeta. Ma da qualche tempo non lo era più.
Nel maggio del 2019, pochi mesi prima della sua morte, quelle stesse vetrine sono completamente coperte da delle pesanti impalcature che non lasciano leggere nemmeno l’insegna. Il nome, Paravia, è appeso a lato. È della stessa dimensione ed è alla stessa altezza di Attenzione. Antifurto. Attivo. Le vetrine prima luminose e ariose della libreria non si vedono più. Sono soffocate.
La foto, scrive Google Map, che è anche il luogo dove l’ho trovata, risale al maggio 2019. Sette mesi dopo, nel gennaio del 2020, la dichiarazione del decesso: «La foto che abbiamo postato il 28 dicembre ritrae il volto sorridente dei nostri ULTIMI clienti del 2019, ma, e siamo qui ad annunciarlo, anche della storia della NOSTRA LIBRERIA». Così si apre il messaggio pubblicato dalla pagina ufficiale della libreria il 14 gennaio, alle 15 e 32, e firmato Nadia e Sonia. E continua ringraziando tutti coloro che negli anni hanno reso quel lavoro possibile. Il padre, i clienti, gli autori, i familiari, ma anche gli agenti, i distributori, gli editori che negli hanno dato «fiducia e che hanno dato più VALORE alla nostra parola che ad una fideiussione bancaria!»
Sono parole parecchio dolorose, si vede quanto sono costate a chi le ha scritte e sono anche parole importanti, ricordiamocele, ci verranno utili, ma non sono le uniche dichiarazioni rilasciate dalle gestrici della Libreria Paravia. Sonia, in una intervista rilasciata a Federica Cravero di Repubblica Torino, ha aggiunto qualche altro dettaglio: «i ricavi coprivano a malapena i costi, non era più sostenibile», ha detto, lanciando poi un’accusa che la costa torinese di Repubblica molto circostanziata circa il colpevole: «Lo conoscono tutti: è Amazon».
Il dito di Sonia non è l’unico a indicare il colpevole il colosso americano dell’e-commerce che, proprio dai libri aveva cominciato ormai 25 anni fa. In tanti, e non solo ora, accusano il colosso fondato da Jeff Bezos di essere il mandante e l’esecutore materiale di questa strage le cui dimensioni restano incerte. Il sito Quifinanza.it, riportando dei dati attribuiti a Confcommercio, parla addirittura di un vero e proprio genocidio e parla di numeri spaventosi. L’articolo, uscito il 25 gennaio 2020, a dieci giorni esatti dalla chiusura di Paravia, porta un titolo è molto esplicativo: «La “strage” delle librerie in Italia: oltre 2300 chiuse negli ultimi 5 anni. Amazon sotto accusa».
Il rapporto di Confcommercio, in realtà, parla solo del caso di Roma e seppur dichiarando che tra il 2007 e il 2017 avrebbero chiuso 233 librerie, nel suo rapporto specifica un dettaglio che Quifinanza si perde per strada: «Va detto che, se per il 2017 si è potuta fare una verifica (telefonica o sul sito web dell’attività commerciale) per accertare che proprio di libreria si trattava, lo stesso non si è potuto fare rispetto alla rete urbana delle librerie del 2007, ricostruita a partire da un indirizzario di «punti vendita trattanti i libri» che abbiamo potuto pulire solo guardando alle denominazioni ed eliminando quelle che «probabilmente» non erano librerie. È quindi ipotizzabile che il dato sia sovrastimato».
A dichiarare queste 2300 vittime sarebbe stato il presidente dell’Associazione Librai Italiani, Paolo Ambrosini. Almeno da quanto riporta il sito Libreriamo. Sono numero pazzeschi, Anzi, sono proprio numeri assurdi. Il buon senso mi spinge a non prenderli sul serio, ma ho bisogno di un parere e so già con chi parlare.
Il mio uomo si chiama Federico di Vita e quasi dieci anni fa, ormai, ha scritto un libro preciso e incazzato, ma anche brillante e piacevole da leggere, dedicato all’editoria italiana e pubblicato prima da Effequ e poi da TIC. Ha una copertina straordinaria e un titolo altrettanto figo: “Pazzi scatenati. Usi e abusi dell’editoria“, e se volete approfondire la vostra conoscenza di questo mondo — sempre più pazzo, non c’è che dire — è una lettura che vi consiglio.
Scrivo a Federico un messaggio diretto su Twitter. Non ci sentiamo da un bel po’, ma quando gli scrivo chiedendo lumi sull’argomento risponde subito. E ai dati che gli presento gli scappa un LOL: «In Italia ci sono (o meglio qualche anno fa c’erano, ora saranno un po’ meno) circa 2000 librerie, parlo di librerie vere e proprie, non di locali che grazie a uno scaffale di libri si spacciano per librerie per motivi fiscali. A Roma c’erano circa 200 librerie. Secondo quell’articolo significa che hanno chiuso tutte!».
Conferma ovviamente che sono tante le librerie che a Roma hanno chiuso. Il problema è assolutamente reale, e anche se quei numeri sono esagerati, se non è una strage è senz’altro una morìa. «Sono abbastanza certo che sia ancora la città con più librerie in assoluto, un caso a parte», continua, «ci sono editori che reggono anche col solo mercato di Roma tanto è grande. Non so come hanno calcolato quei numeri, ma di sicuro non si tratta di sole librerie e, in ogni caso, sospetto che non abbiano contano i cambi di gestione, né quelle che poi hanno riaperto». Insomma, quei dati sono numeri a caso.
Ma torniamo alle parole di Sonia Calarco, che sempre a Repubblica ha detto: «Il problema non è il commercio online, che c’è sempre stato, ma Amazon che prima ha attirato i clienti solo con sconti esagerati, poiché in Italia manca una legge che tuteli i librai, e poi li ha abituati ad avere i prodotti a casa in tempi rapidissimi e con un assortimento incredibile». L’ex libraia di Paravia mette sul tavolo altri elementi: gli sconti, una legge a quanto pare assente, le scelte dei lettori. C’entrano con la morte delle librerie indipendenti. Sì, ma ci torneremo.
Ora restiamo sul primo indiziato, la grande A di Amazon, che il movente, almeno a quanto dicono i suoi accusatori, ce l’avrebbe di sicuro: il suo core business — o quanto meno quello iniziale — è proprio il commercio di libri. Jeff Bezos iniziò con quelli la sua corsa al dominio del mercato mondiale, obiettivo che in tanti indicano come il male assoluto e la causa della morte del commercio librario di prossimità. Per capire se è vero, sono andato a fare altre domande, questa volta alla categoria interessata dalla strage, i librai indipendenti.
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