Ep. 7

Nel merito dei contenuti

Di cosa parla “Il mondo al contrario”? E come ne parla? Quali sono le tecniche utilizzate per raccontare il pensiero di Vannacci?

Slow News. Il primo progetto italiano di slow journalism.
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Vulnerabilità Generale

Il caso del Mondo al contrario di Roberto Vannacci è interessante per analizzare debolezze e problemi dell’ecosistema mediatico. E non solo.

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Avevo detto che sarei entrato anche nel merito dei contenuti del libro di Vannacci, che ho letto integralmente, con molta fatica.
Il libro propone un pensiero monolitico che azzera, dimentica, cancella o ignora un secolo di studi antropologici e sociologici: Vannacci scrive come se esistesse una normalità cristallizzata come valore assoluto; come se ci fosse un unico buon senso, universale e valido sempre, per tutti; come se ci fossero confini per tutto, prima di tutto per le idee. Nel libro non esce mai dalla zona confortevole delle sue categorie di pensiero. Non fa mai lo sforzo di cogliere la realtà dell’altro, dal punto di vista dell’altro. Nulla viene messo in prospettiva storica, se non dal suo punto di vista. 

Lo pensa veramente?

Non so dire se pensi veramente quel che scrive o se la scrittura sia strumentale.
So che le tecniche argomentative utilizzate sono allo stesso tempo basiche e efficaci.
Spesso vengono usate metafore che sembrano afferire al buonsenso. In effetti il cosiddetto buonsenso è quello che guida tutta la presentazione delle idee di Vannacci, dove però, al posto di buonsenso, dovremmo leggere “quello che penso io e, eventualmente, altri come me”.

Metafore e risposte

Le metafore sono, ad esempio, usate per giustificare le disuguaglianze: «L’alta marea solleva tutte le barche e la ricchezza, anche se materialmente nelle mani di pochi, porta al benessere di tutti», scrive Vannacci a pag. 302.
Siccome non sono molto bravo a rispondere a metafore di questo genere (ho enorme difficoltà a fare semplificazioni per slogan), ho chiesto aiuto a ChatGPT per offirire un controesempio. L’esito mi sembra molto efficace: «L’alta marea solleva tutte le barche, ma se la tua barca ha un buco, affondi comunque».

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Qui ho utilizzato ChatGPT – l'intelligenza artificiale generativa – per confutare la metafora sulla ricchezza di Vannacci

È colpa dei poveri (e delle minoranze)

Nel libro di Vannacci l’avversario politico – chiunque la pensi diversamente – viene minimizzato, ridicolizzato, insultato, messo alla gogna, preso in giro. Le minoranze di ogni genere – i gay, i no Tav, i migranti, ma anche quelli che minoranza non sono, i poveri, per esempio – secondo Vannacci devono stare al loro posto. E sono addirittura responsabili delle cose che non vanno: «nella realtà», scrive letteralmente il Generale a pag. 21 «è la povertà e il sottosviluppo a produrre più di ogni altro l’inquinamento». Ecco fatto: la colpevolizzazione dei poveri e dei paesi del cosiddetto Sud del Mondo è servita.

L'indicativo presente e i dati

Tutto è raccontato all’indicativo presente, in maniera apodittica: ogni elemento è presentato come un fatto acclarato, come se fosse la realtà, appunto. I dati vengono proposti con la classica formula del cherry picking. Cioè: scelgo le cose che fanno comodo alla mia tesi, ignoro tutte le altre. Quindi, nel libro ci sono anche dati veri, ci mancherebbe. Solo, scelti per poter avvalorare ciò che si desidera oppure raccontati parzialmente, privati di contesto oppure privati di prospettiva storica o tutte queste cose insieme e altre.

I No Tav secondo Vannacci

Mi ha colpito, in particolare, un passaggio che non è stato oggetto di attenzione da parte dei media, visto che il grosso del clamore si è concentrato sulle argomentazioni contro la comunità LGBTQA+. È utile analizzarlo, perché racconta molto del modo in cui è scritto il libro.

Il passaggio è questo: «Non più tardi della fine del mese di luglio scorso, i facinorosi e violenti dimostranti si sono scagliati ancora contro i cantieri aperti a San Didero e a Chiomonte. Dopo aver inscenato sui prati di Venaus il festival dell’“Alta Felicità”, vendendo ammennicoli rappresentanti il “treno crociato” e pietanze rigorosamente vegane a prezzi incredibili giustificati dall’autofinanziamento della protesta, i circa duemilacinquecento manifestanti si sono divisi in due gruppi per raggiungere le aree dei lavori».

Vannacci sta parlando della protesta dei No Tav. Subito prima, ha ribadito la storia della necessità del tunnel Torino-Lione. È una storia ampiamente smentita dai fatti, a partire dalle previsioni errate sulla necessità di traffico merci.

Vannacci, però. si guarda bene dal citare i dati che non gli fanno comodo. Poi, ignorando la storia trentennale e nonviolenta del movimento, dipinge – la tecnica si chiama framing – i No Tav come “facinorosi e violenti”.

Il Festival dell’Alta Felicità, in cui per mia fortuna sono stato – qui il reportage – viene sottoposto al medesimo framing. Non è vero che ci fossero solo pietanze vegane. Anzi. Però prendere in giro i vegani è un modo per ammiccare al mondo a cui si rivolge Vannacci. Non è vero che i prezzi fossero “incredibile”. Al Festival Alta Felicità si vendono, per esempio, anche libri: ma questo, ancora una volta, fa comodo ometterlo. Al Festival ci sono dibattiti, concerti, momenti di aggregazione, confronti fra idee diverse: anche di questo non c’è traccia.

 

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Nell'immagine le stime e il reale traffico merci lungo la direttrice del Frejus. I dati sono completamente ignorati ne "Il mondo al contrario"
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Un dibattito al Festival Alta Felicità 2023

Tutto il resto

Tutti gli argomenti di cui si parla sono trattati con queste tecniche argomentative.

Fin dall’indice, i tre “+++” indicano lo sfottò verso il mondo che non si identifica con la sessualità binaria. Gli ambientalisti sono, ovviamente, dei “gretini”. Sulle tasse torna l’attacco ai poveri con frasi tipo: «quasi il 60% degli italiani vive alle spalle di quella minoranza che paga le tasse».

In ogni capitolo ci sono cose che sembrano scritte apposta per far dire ”eh, però su quella cosa lì un po’ ha ragione”.

Smontare “Il mondo al contrario” è un lavoro che richiede accuratezza e tempo (a meno di non rivolgersi a ChatGPT per confutare tutto il libro).

Cancel culture e vere cancellazioni

Di tanto in tanto ci sono le sparate che garantiscono quell’eccesso che poi va a finire sui giornali. A Vannacci, per esempio, spiace di non poter più dire «pederasta, invertito, sodomita, finocchio, frocio, ricchione, buliccio, femminiello, bardassa, caghineri, cupio, buggerone, checca, omofilo, uranista, culattone» (sì, li elenca proprio tutti così». «Sono ormai termini da tribunale», aggiunge, «da hate speech, da incitazione all’odio e alla discriminazione». Qui ammicca a tutti quelli che pensano “non si può più dire niente”, facendo finta o pensando davvero che la lingua, la sensibilità, gli usi e i costumi delle persone siano immutabili e che si possa davvero, nel 2023, dire a una persona “invertito” senza che venga preso come un insulto.
Già: il fantasma della cancel culture non poteva mancare, nel sistema di pensiero di Vannacci.  Secondo lui (pag. 99) c’è un piano per «cambiare la cultura dominante, è necessario epurarla, diluirla, falsificarla al fine di cancellare ogni riferimento a valori e realtà condivise». In realtà il generale accusa le minoranze di fare esattamente quel che il suo libro sostiene andrebbe fatto: imporre, cioè, quello che per l’autore è il buonsenso.

 

E si dimentica tutte le volte in cui è stato l’occidente – o comunque il mondo valoriale a cui lui stesso afferisce – a cancellare, letteralmente, l’altro.

 

Soluzioni e lampadine

Le soluzioni proposte sono basiche: tutto è facile, secondo “Il mondo al contrario”. Basta il buonsenso, a che servono studi e competenza? Anzi, addirittura, per Vannacci, ci penserebbe la natura. Un esempio? Eccolo: «Un provvedimento conveniente viene attuato naturalmente e senza costrizioni dai cittadini. Da quando costa di meno sostituire un ombrello o un paio di scarpe piuttosto che ripararli, ombrellai e calzolai sono quasi spariti. Non vi è stata alcuna legge per imporre le lampadine a led ma sono stati i cittadini che, valutandone la convenienza, hanno provveduto alla sostituzione delle lampadine a fluorescenza».

In realtà non è andata così. Anzi: le lampadine a incandescenza sono state vietate a partire dal 2009 in anni successivi (in Australia, in Europa, in USA, per esempio). La stessa sorte è toccata alle lampade alogene e a quelle ora sta toccando a fluorescenza. Ma che importa? Nel mondo che finge di essere al diritto si può dire e sostenere tutto quel che si vuole, a quanto pare.

Quanto al modo di vivere che interessa al Generale, non si prende in considerazione nemmeno per un istante il fatto che la riparazione sia molto più sostenibile del ciclo compra-usa-butta-compra, né che la riparazione e l’acquisto dell’usato siano una tendenza di consumo in crescita. Meglio ignorare quel che non fa comodo alle tesi.

Birre e post

Vannacci, da solo, disserta di rigenerazione urbana e di sviluppo, di tasse e di ricchezza. Di istruzione e lavoro. Sembra, la sua, una specie di riedizione dell’«uno vale uno» di Beppe Grillo, in chiave militaresca. E questo atteggiamento emerge anche dai ringraziamenti finali: «Sono inoltre estremamente grato agli amici, colleghi e conoscenti che hanno accettato con entusiasmo l’idea che io scrivessi un libro e che, molto spesso, sono stati fonte d’illuminazione con i loro discorsi, con gli accesi dibattiti davanti ad una birra gelata, con i loro post inseriti sui social e con i loro scritti a cui mi sono indegnamente ispirato». Che importa dell’IPCC o delle sperimentazioni sul reddito minimo? Ci sono i discorsi, le birre, i post e gli scritti i conoscenti, colleghi e amici. 

Un pensiero coloniale

Si potrebbe andare avanti così, per ogni capitolo, ma credo di aver ben schematizzato la modalità argomentativa del generale. Manca solo una cosa: sì, i contenuti sono ultra-conservatori e reazionari, sono omofobi e machisti, sono razzisti e profondamente colonialisti. Per tacer degli ammicchi a quell’ordine e a quella sensazione di sicurezza che si respira in paesi che non definiremmo esattamente democratici, da queste parti. Insomma: il libro di Vannacci è il libro di un militare che applica un pensiero di ordine-disci

Del resto, l’Italia è un paese che – a volte nemmeno nelle sue sacche più critiche – ha fatto pienamente i conti con il suo passato coloniale.

Ecco, forse questa sarebbe stata la mia soluzione per parlare del libro senza prestare il fianco a tutto il resto: un’analisi accurata, la cui conclusione non potrebbe che essere una stroncatura senza appello del libro. Solo che, probabilmente, l’avremmo letta in tre. 

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