Da che parte deve stare un giornale?
Ogni giornale è un’operazione politica, anche Slow News. Ma Slow News non viene da nessun partito e non nasconde da che parte si schiera: quella di chi non ha voce
Ogni giornale è un’operazione politica, anche Slow News. Ma Slow News non viene da nessun partito e non nasconde da che parte si schiera: quella di chi non ha voce
Oltre a essere affette da logorrea, finire le frasi degli altri e insultare gli automobilisti c’è di più.
Esperienze dalla Repubblica Ceca e dalla Romania mostrano che la desegregazione funziona: dove si insegna insieme, tutta la società cresce.
Finanziamenti europei, dati incompleti e progetti “dal basso”: tra numeri e volti, la difficile inclusione dei bambini Rom a Roma.
Ogni dibattito sulla fine di un mondo e sull’inizio di un altro è viziato da un errore di fondo: i confini sono solo convenzioni in attesa di essere superate
Quando il potere e i giornali cercano di spiegarti che manifestare non serve vuol dire che manifestare sta servendo
Non è un refuso, la nonviolenza scrive come una parola tutta attaccata e richiede tempo. È così che ci si fanno le rivoluzioni. Ne abbiamo parlato con Roberta Covelli.
Tra sgomberi, stereotipi e propaganda, la comunità Rom resta il bersaglio preferito della politica e dei media italiani
Ogni dibattito sulla fine di un mondo e sull’inizio di un altro è viziato da un errore di fondo: i confini sono solo convenzioni in attesa di essere superate
Un podcast settimanale per approfondire una cosa alla volta, con il tempo che ci vuole e senza data di scadenza.
È dedicata all’ADHD e alle neurodivergenze. Nasce dall’esperienza personale di Anna Castiglioni, esce ogni venerdì e ci trovi articoli, studi, approfondimenti, consigli pratici di esperte e esperti.
La cura Alberto Puliafito, è dedicata al giornalismo e alla comunicazione, esce ogni sabato e ci trovi analisi dei media, bandi, premi, formazione, corsi, offerte di lavoro selezionate, risorse e tanti strumenti.
La newsletter della domenica di Slow News. Contiene consigli di lettura, visione e ascolto che parlano dell’attualità ma che durano nel tempo.
nonviolenza s. f. [comp. di non- e violenza, sul modello dell’ingl. nonviolence] pronuncia <non.vjoˈlɛn.t͡sa>
1. in senso classico, la n. è un metodo di lotta sociale e politica che rifiuta l’uso della forza fisica, promuovendo pratiche di resistenza pacifica, disobbedienza civile, dialogo. è legata a figure come Gandhi e Martin Luther King, che ne hanno fatto strumento di emancipazione e liberazione collettiva. 2. nel discorso contemporaneo, la n. viene spesso ridotta a parola d’ordine morale o a slogan consolatorio, svuotato della sua radicalità. Rischia di essere interpretata come assenza di conflitto, invece che come scelta attiva di conflitto diverso. 3. in ambito giornalistico e mediatico, la n. è raramente raccontata nella sua complessità. Viene confusa con pacifismo generico, con buonismo, con passività. La narrazione dominante preferisce la violenza – spettacolare, vendibile, virale – alla fatica lenta e invisibile della n. I nonviolenti, come i pacifisti, sono spesso dileggiati sui media e da un certo tipo di potere politico. A volte addirittura incolpati. 4. sul piano culturale, la n. produce una frattura: mostra che il potere non è solo controllo delle armi o delle istituzioni, ma anche delle parole, delle immagini, delle cornici narrative. Non è neutra: è una scelta politica radicale, che sposta il terreno dello scontro. 5. la n., come racconta Roberta Covelli nella serie di Slow News Uno come noi. Militare la n., non è il ritrarsi ma il mettersi al centro per attirare, non per guidare. è un posizionamento che ribalta la dinamica del comando: non si esercita autorità, si catalizza presenza.