Il giornalismo in Italia è un privilegio?
Sì, ed è il motivo principale per cui è schierato quasi sempre dal punto di vista di chi ha di più, mentre tutti gli altri — che sono molti di più — restano sistematicamente esclusi.
Sì, ed è il motivo principale per cui è schierato quasi sempre dal punto di vista di chi ha di più, mentre tutti gli altri — che sono molti di più — restano sistematicamente esclusi.
Appunti a margine dell’assemblea del 15 novembre 2025 all’università La Sapienza di Roma
La società che gestisce gli impianti nel 2024 è risultata in perdita per «scarsità di neve». Il suo bilancio è un buon esempio per capire l’impatto dei cambiamenti climatici sullo sci a bassa quota e come funzionano gli aiuti pubblici al settore.
Dimostrando molto plasticamente come il problema del traffico non sia la conseguenza di una politica della mobilità, ma della natura stessa delle automobili
Mutualità, ricomposizione, intersezionalità: modi diversi di definire l’elemento decisivo che va recuperato per rendere efficace qualsiasi rivendicazione politica. Solo uniti si ottengono risultati. Una conversazione con Dario Salvetti.
La mobilità è il diritto a vivere e a spostarsi per tutte e per tutti, non solo per chi viaggia su una automobile. Questo articolo del 1972 è una chiamata all’azione, per tutte e per tutti
Da Brandon Johnson e dalle piazze di Chicago a Zohran Mamdani e alla sua vittoria a New York: il grido di chi rifiuta i padroni e i bulli sta cercando di riprendersi l’America partendo dalla città.
Dietro la cronaca degli sfratti c’è una verità strutturale: la crisi abitativa italiana è il prodotto di scelte politiche che hanno reso la casa una merce e non un diritto.
Ogni giornale è un’operazione politica, anche Slow News. Ma Slow News non viene da nessun partito e non nasconde da che parte si schiera: quella di chi non ha voce

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È dedicata all’ADHD e alle neurodivergenze. Nasce dall’esperienza personale di Anna Castiglioni, esce ogni venerdì e ci trovi articoli, studi, approfondimenti, consigli pratici di esperte e esperti.

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sost. f. pl. [dall’ingl. generative artificial intelligences] 1. sistemi informatici capaci di produrre contenuti inediti (testi, immagini, video, codice, ecc.) a partire da dati di addestramento e prompt umani, simulando creatività, comprensione e intenzionalità; non pensano, ma generano; non capiscono, ma predicono; non rubano, ma remixano. Si chiamano “generative” per differenziarle da quelle “discriminative”, che classificano e riconoscono. La distinzione è tecnica, l’effetto è culturale. 2. nella narrazione pubblica, le i.a.g. incarnano una promessa (o una minaccia) di automazione dell’intelligenza stessa. amplificano illusioni: quella dell’oggettività tecnologica, della neutralità algoritmica, dell’efficienza come valore assoluto. sono opache per design, spettacolari per marketing, pervasive per interesse. 3. nella pratica quotidiana, le i.a.g producono testi scolastici, riassunti, email, meme, loghi, articoli, poesie, sogni, curriculum, copioni, programmi, analisi, profezie. Più che sostituire l’umano, ne assorbono stile, tono, cliché. funzionano come specchi: riflettono ciò che sanno, cioè ciò che gli è stato dato. Eppure sembrano nuove. 4. le i.a.g. sono anche un dispositivo sociale a doppio standard democratizzano strumenti, ma concentrano potere; abilitano creatività, ma normalizzano linguaggio; promettono tempo liberato, ma moltiplicano lavoro cognitivo. Un’industria, un’estetica, un’ideologia.